Venuta dal Primiero Gianna racconta alle classi V della Scuola primaria Sacra Famiglia di Trento la vita semplice della montagna e la bellezza della natura, attraverso gli appunti presi in tanti anni di attenta osservazione.
Gianna, qual è il suo mestiere?
La mia passione è sempre stata scrivere, anche se non mi sento una vera e propria scrittrice, ma una contadina, amante della natura, del territorio e della montagna. Vengo dalla valle del Primiero, dove ho sempre vissuto in una malga sopra i 1000 metri.
Cosa la ha portata alla scrittura?
Fin da bambina sono sempre stata attratta dai primi giornali e dai libri che arrivavano alla nostra malga: ricordo Vita Trentina, Famiglia Cristiana e il catechismo, che venivano tenuti come oggetti sacri. All’epoca da noi non era così facile avere la carta, così, quando portavo le mucche al torrente, mi divertivo a scrivere il mio nome o quello che vedevo intorno a me sopra dei grossi sassi neri, utilizzando un sassolino bianco. Quando sono diventata grande, appena ho potuto ho preso carta e penna e ho iniziato a scrivere.
Quanti libri ha scritto?
Per ora uno. Si intitola “Le stagioni dell’animaso. Storie di montagna attorno a un tavolo di larice”. L’animaso sta a significare l’anima del maso.
È un libro per bambini o adulti?
Si può leggere a tutte le età, ma la mia soddisfazione è sapere che è stato letto da tanti bambini.
Come è nato questo libro?
Come dicevo, ho sempre messo su carta le mie emozioni, ciò che vedo vivendo in montagna, come le stagioni, gli uccellini, le piante. A un certo punto questi miei appunti sono diventati un libro: ma io ho soltanto voluto mettere su carta i valori del nostro territorio.
Quali strumenti utilizza per il suo lavoro?
Un bel quadernino con la matita, che porto con me quando sono fuori nei prati con le mie mucche, e tiro fuori quando vedo qualcosa di interessante da scrivere. Anche io ho un piccolo cellulare e mi sono aggiornata un po’ sui social network, ma per trasformare i miei foglietti in un libro ho avuto dei bravi aiutanti che hanno recuperato e impaginato i miei appunti.
Dove trova l’ispirazione per i suoi testi?
Girando per i prati, osservando la vita di montagna. Dai miei genitori ho imparato che quando qualcuno arrivava in malga doveva sempre portare qualcosa, come un pezzo di legno, dei funghi, piccoli frutti, perché al tempo questo significava la sopravvivenza. È stato un insegnamento importante, che mi ha permesso di imparare a osservare le cose che ho intorno.
Che effetto le ha fatto vedere il suo libro pubblicato?
Ero un po’ emozionata, e non pensavo che avrebbe avuto questo successo. Ora mi hanno chiesto di scriverne un altro. Io nella mia camera ho ancora tanti appunti, ma non voglio diventare una scrittrice che vende libri: il mio obiettivo è trasmettere i valori del territorio e la bellezza delle cose che ho avuto la fortuna di vedere stando in montagna.
È difficile fare la scrittrice di montagna?
La parte più difficile non è stata scrivere i miei appunti o consegnarli a chi me li ha corretti. Il momento più faticoso è stato quando ho dovuto scrivere il mio nome in fondo al libretto: lì mi è venuta una certa agitazione. Ero contenta di consegnare al pubblico questi testi, ma ero anche un po’ gelosa, perché si tratta della mia vita e non sapevo che riscontro avrebbero avuto.
Quanto tempo ci ha messo a scrivere il suo libro?
Tutti i foglietti di appunti che ho messo assieme sono il frutto di circa 20 anni. Sono i pensieri che avevo scritto in giro, oppure prima di dormire su un quadernino che tenevo sotto il cuscino, e che pensavo di lasciare ai miei nipoti, sempre presi da tante attività.
C’è un luogo che le è stato di particolare ispirazione, a cui è più legata?
Sì, ho un luogo magico, sotto le Pale di San Martino, fin da quando, da piccola, portavo le pecore in questo posto bellissimo, abbracciato dalle montagne. Oggi, anche se è lontano e con l’avanzare dell’età faccio più fatica ad arrivarci, è una meta che tutti gli anni devo raggiungere.
Quale aspetto del suo mestiere le piace di più?
Comunicare. In particolare la calma, la pazienza del territorio, la semplicità contadina. So che i destinatari dei miei messaggi terranno almeno una goccia di ciò che hanno ricevuto nel loro cuore, e faranno del bene alla natura.
Cosa consiglia ai giovani?
Quando vanno nella natura, che sia in montagna o al mare, consiglio loro di non guardare le mete sul telefonino, ma, se vedono un anziano seduto su una panchina, di fermarsi a dirgli buongiorno. Solo chiacchierando con chi vive il territorio si possono ricevere gli spunti più interessanti per scoprire un luogo. Poi di amare la natura, e di rispettarla.
A lei piace viaggiare?
Non avendolo mai fatto mi perderei già alla prima rotatoria. Non ho mai sentito il desiderio o l’esigenza di viaggiare, farei fatica a lasciare le mie montagne. Se dovessi andare da qualche parte lo farei solo per trasmettere quello che ho visto e l’amore per la natura, oppure per andare a trovare persone come me, che nei loro luoghi d’origine fanno quello che faccio io.
Che sensazioni prova quando viene in città?
C’è uno strano rumore nelle mie orecchie, quello delle macchine, della gente… Odori diversi, di ristoranti, di caffè, mentre io sono abituata alle resine, ai muschi, all’erba, al letame.
Come si arriva alla sua malga?
Sono nata in malga Canali, ma oggi io e mio marito ci siamo ritirati al “Camin che fuma”, un maso di legno in mezzo al verde dove portiamo avanti un’attività di agriturismo. Abbiamo scelto questo nome perché, quando ci siamo trasferiti lasciando la malga alle nostre figlie, tutti mi chiedevano dove ci avrebbero trovati, e io rispondevo: “Troverete un camino che fuma da qualche parte”…
Intervista a cura delle classi V della Scuola primaria Sacra Famiglia di Trento
La scheda:
Nome: Gianna
Cognome: Tavernaro
Professione: scrittrice di montagna
Segni particolari: classe 1957, vive da sempre tra le Dolomiti del Primiero, nel maso “El Camin che fuma”, la casa nel bosco in cui con il marito Cornelio gestisce un’attività di agriturismo che accoglie ospiti provenienti da tutta Italia
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