Domenica 4 giugno 2023 – SS. Trinità – Anno A
Es 34,4-6.8-9; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Gv 3,16
La solennità della SS. Trinità causa ogni anno un grande tormento a chi deve tenere l’omelia: com’è possibile parlare in modo semplice del mistero cristiano per eccellenza? Già s. Agostino nel riflettere su questa verità di fede si era sentito come un bambino che con un modesto bicchiere vuol travasare il mare in una buca scavata nella sabbia. Le letture di questa domenica, per facilitare il nostro percorso di fede, ci invitano a partire da ciò che la Trinità ha operato ed opera nella storia per aprire uno spiraglio di luce su ciò che la Trinità è in se stessa nell’eternità.
Nel brano tratto dal Vangelo di Giovanni Gesù insegna a Nicodemo che il discepolo viene inserito in una vita nuova ed eterna. Gesù parla già della sua Pasqua, della sua passione, morte e risurrezione. Ne parla aiutandoci a comprendere che non si tratta di un tragico evento. Si tratta invece di un dono d’amore nel quale è coinvolta tutta la Trinità: è il Padre a donare il suo Figlio Unigenito perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna; è il Figlio a donare se stesso perché il mondo si salvi, e rendendoci capaci di sperimentare i sentimenti di Gesù verso il Padre e di sentire rivolto a sé quello stesso amore che il Padre ha per il Figlio. Per l’evangelista Giovanni, sarà poi il Figlio, sulla croce e la sera di Pasqua a donare lo Spirito ai suoi discepoli perché questo incontro tra Dio e l’umanità si realizzi. La Pasqua di Gesù rivela perciò che la Trinità è in se stessa amore e rivela l’amore della Trinità per noi.
Sulla stessa linea si muove anche l’apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, dove viene utilizzata una formula di saluto che noi ben conosciamo perché con essa iniziamo la celebrazione Eucaristica: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi”. In Gesù ci viene rivelata l’iniziativa gratuita di Dio Padre: quella di amarci indipendentemente dalla nostra situazione e dai nostri meriti; con il dono dello Spirito Santo ci viene data la possibilità reale di entrare in questa relazione di amore esistente da sempre tra il Padre, il Figlio e lo Spirito. La vita cristiana è perciò accogliere il dono di essere inseriti in questa relazione e agire di conseguenza.
Tutta la vita cristiana altro non è che un progressivo inserimento in questa comunione d’amore. La liturgia che celebriamo è un anticipo, un segno e un pegno del nostro inserimento in questa comunione di amore. L’impegno etico di ciascuno di noi, in quanto cristiani, è un rendere presente nella storia, nelle situazioni e negli atti concreti questo amore nel quale siamo inseriti. Il Paradiso è l’ingresso definitivo e pieno in questa comunione d’amore, così come l’Inferno altro non è che la nostra volontaria autoesclusione da essa. Accogliamo perciò l’invito a costruire in noi una dimora alla Santissima Trinità, che già otto secoli fa ci rivolgeva san Francesco dopo averci esortati ad amare Dio con cuore puro: “E sempre costruiamo in noi un’abitazione e una dimora permanente a lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo” (Rnb XXII,27: FF 61).
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