E’ cominciata in Cattedrale alle 20.30 – come in tante altre chiese piccole e grandi della diocesi – la lunga Veglia pasquale, sabato 31 marzo, con la benedizione del fuoco e l’accensione del cero e la benedizione dell’acqua. In Duomo a Trento c’è stato anche il conferimento a due adulti dei sacramenti di Battesimo (anche a un bambino), Cresima ed Eucarestia. Altri catecumeni sono stati battezzati in altre chiese della diocesi (uno a Povo; una a Cognola, uno a Baselga di Pinè e una Folgaria).
Quindi, il primo aprile il solenne pontificale nella domenica di Pasqua, al culmine del Triduo Pasquale. Di seguito il testo scritto dell’omelia di mons. Tisi.
Tutti conosciamo le fatiche delle donne e degli uomini nel dare credito al sepolcro vuoto e alla notizia che il Risorto abita la Storia. Su questo terreno si affollano dubbi e interrogativi, che facilmente assecondiamo. Non siamo altrettanto risoluti nel mettere sotto la lente d’ingrandimento un’esistenza che, spesso, appare più come un sepolcro, piuttosto che l’habitat della vita. Da qui deriva anche quel vero mobbing sociale che giudica e incasella, emettendo su tutto e su tutti sentenze senza appello. Sulle ragioni del disagio esistenziale si sorvola, nessuno si interroga e si fatica a dare credito a chi propone spazi di rilancio e di fiducia. Fanno impressione i dati sulle varie dipendenze, da cui nessuna età è esclusa. Ma ben poco ci si avventura nel cercarne le cause e individuare vie d’uscita.
Talvolta sembra che abbiamo più paura della vita che della morte; anche il testo evangelico presenta questa verità: le donne davanti alla notizia della Risurrezione hanno paura.
Ma “Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete” (Mc 16,7). Il luogo primo e fondamentale dove trovare il Risorto è la Storia. Per far ripartire la vita serve andare nella Galilea che è il quotidiano delle persone.
Lì potremo trovare il Risorto. Negli angoli dell’umanità e delle periferie dove uomini e donne si assumono la fatica di frequentare la vita con senso di responsabilità. Risurrezione è l’onestà personale che ci invita a essere irreprensibili e sobri. Risurrezione è il tesoro prezioso di relazioni sociali costruite sull’ospitalità, la non violenza, la generosità, la sincerità. Risurrezione è spendersi per una comunità.
Colpisce l’annotazione di Marco che a invitare le donne a non aver paura sia un giovane: “Videro un giovane ed ebbero paura”. Come ci ha ricordato il Papa, far tacere i giovani è una tentazione sempre presente. Il nuovo, l’innovativo, il cambio di passo mette paura e disorienta. Dal cuore dei giovani passa la Risurrezione.
Anche noi come Chiesa rischiamo di essere impersonati in quelle donne che portano olii aromatici per imbalsamare Gesù. Non lo percepiamo come il Vivente. La nostra stessa azione pastorale rischia di tirare a campare, conservando l’esistente. Ma, così facendo, sembriamo più custodi di un museo che non frequentatori della vita, intrigati dalla luce, forza e vivacità del Risorto.
La Risurrezione non è solo la rivitalizzazione di un corpo morto, ma è la messa a nostra disposizione della vita di Dio che noi possiamo toccare e incontrare nella persona di Gesù.
La Risurrezione ha svuotato il Sepolcro. Dobbiamo essere onesti, le opere e le parole di Gesù, rivelano una dimensione che non è semplicemente umana. “Se siete risorti con Cristo, rivolgete il pensiero alle cose di lassù”, ci ha ricordato l’apostolo Paolo (Col 3,1). Il perdono assoluto, l’amore irrevocabile, la gratuità radicale contiene qualcosa che non è “di questo mondo”. Quando incontri qualche frammento di perdono, di gratuità, sappi che da quelle parti è passato il Risorto.
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