Si è svolto giovedì 22 febbraio il penultimo incontro del percorso Passi di Vangelo, intrapreso nell’ottobre 2016 dall’allora neo-Vescovo Lauro con i giovani della Diocesi, e che, programmato per svilupparsi nel periodo di due anni, puntuale guarda ormai alla sua conclusione del 15 marzo prossimo.
Nell’atmosfera festosa ma concentrata, aperta ed attenta che ha distinto tutti gli incontri tenutisi nella chiesa del seminario di Trento, la lettura del Vangelo di Marco ha visto protagonista di serata il brano della crocifissione e morte di Gesù Cristo. Un brano di dolore, che in Marco, come subito ha sottolineato il vescovo nel suo intervento, risulta particolarmente tetro per la mancanza delle figure familiari come Giovanni e la Madre, che dagli altri evangelisti vengono descritti a fianco del morente; nel testo di Marco invece, Gesù è solo ed attorniato solamente da figure antagoniste. Questa solitudine ed abbandono espressi compiutamente e finalmente nel grido che si alza al cielo: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” sono stati al centro delle riflessioni dei giovani della Pastorale universitaria, che hanno introdotto la lettura accompagnati dalle note del coro giovani di Calliano. “L’abbandono urlato al cielo”, hanno riflettuto gli universitari, “fa riferimento ad una promessa. Ma che promessa scorgiamo davanti alla crocifissione di un giusto? Cos’è la fede davanti al fallimento di Gesù? Quale promessa dobbiamo credere, dal momento che non vediamo che un uomo in croce?”.
Domande che sembrano essere esatte quelle di Gesù nel momento dello sconforto più totale, accolto da un solo e frigido legno grezzo. Domande che sono state raccolte da don Lauro, che ancora una volta ha letto dentro al brano tutta la carica “adrenalinica” del messaggio cristiano del dono. “Per leggere questo brano correttamente”, ha affermato all’inizio del suo intervento, “occorre guardare all’ultima cena, in cui Gesù consegna tutto se stesso: “Prendete e mangiate, prendete e bevete” ci forniscono il senso profondo di come Gesù interpreta la sua vita. Per il maestro la vita è dono: tutte le fibre del suo essere sono attraversate dal dono, unica componente che abita in lui. L’Eucarestia è donata a noi perché anche la nostra vita possa modularsi sul dono, diventare regalo”. La prospettiva del donarsi totalmente è l’unica possibile per guardare con fiducia alla morte di Gesù e scorgervi la Bellezza: “Il Dio del Calvario è un Dio fragile perché ama, entra in relazione con l’uomo e il creato e resta aperto ad essere ferito dall’altro. A portarlo su quel monte di morte è il suo essere radicalmente consegnato al dono di sé, il suo voler essere dono assoluto e radicale”.
Il Dio che come unico insegnamento ci consegna l’imperativo emulativo del donare tutti noi stessi per gli altri, per avere la vera Vita, quell’unico vero significato del donare che don Lauro racconta dal primo giorno del suo episcopato, quel dono che ha fatto comprendere definitivamente al centurione e forse anche a noi che “costui era davvero il Figlio di Dio!”.
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