La missione come annuncio di Gesù che continua ad evangelizzare
Safari njema! Buon viaggio!
Eccoci ad un’altra tappa, sempre in cammino, con Gesù, in salita, verso Gerusalemme.
Impegnata nell’annuncio del vangelo, la Chiesa, cioè ciascuno di noi, riceve dal Signore il mandato di andare; andare verso la gente concreta, nella loro vita reale, ad affrontare situazioni diverse e sfide inedite, ad abitare ambienti sconosciuti, a vivere in contesti sempre altri. Non da soli, ma insieme alle nostre comunità, per bandire ogni protagonismo, per custodirsi a vicenda, per condividere fatiche e gioie.
Il nostro amore per i fratelli e sorelle ha la sua massima espressione quando possiamo proporre ciò che è il centro della nostra vita: il Signore Gesù. La missione della Chiesa raggiunge il suo fine solo quando arriva ad annunciare Gesù toccando la carne delle singole persone e non si ferma sul piano pur nobile delle idee e dei principi. S. Giovanni ci ricorda ancora oggi: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20).
La corsa del vangelo nella quale tutti siamo impegnati a vita, in quanto cristiani e ancor più in quanto consacrati, è esigente: ci chiede tempo, energie, ascolto, condivisione, compassione, tenerezza, slancio, determinazione. “Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!” ci dice Papa Francesco.
Da altri abbiamo ricevuto la fede; ad altri siamo chiamati a trasmetterla come ci ricorda S. Paolo: “E’ un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo” (1Cor 9,16). E’ come se gli mancasse l’aria se non annuncia il Vangelo, cioè Gesù, cioè Colui che gli ha stravolto la vita e l’ha resa degna di essere vissuta in pienezza.
Che niente e nessuno arresti la corsa del vangelo che è il bene più prezioso per tutti i popoli della terra!
Olga, Lucia, Bernardetta, Missionarie Saveriane, nostre sorelle, uccise in Burundi il 7 e l’8 settembre 2014: hanno vissuto in pieno questo mandato fino a bagnare col loro sangue quella terra e quel popolo tanto amati. Così Bernardetta scriveva: “La missione non è un’impresa per persone eroiche, bensì come “naturale” evolversi di una vita donata. Siamo responsabili non di qualcosa da fare, ma di qualche cosa da essere qui come risposta di amore. Ho un cuore povero che solo può offrire la fedeltà di oggi”.
Tutte e tre, nonostante l’età avanzata e la salute fragile, avevano desiderato ardentemente restare in Burundi. La morte brutale e assurda che hanno subìto è l’esito di una vita tutta spesa nel servizio di Dio e dei fratelli e proprio attraverso di essa le nostre sorelle stanno proclamando con forza a tutto il mondo la bellezza e l’audacia dell’Amore che supera ogni confine. Questi fatti ci invitano a volgere lo sguardo all’essenziale, credendo che anche i più piccoli, umili gesti compiuti per amore sono preziosi per l’annuncio del Vangelo.
Hanno vissuto quel dono di sé fino in fondo che hanno desiderato fin dalla giovinezza. Proprio perché la vita l’avevano già data, l’assassino non ha trovato niente da rubare. Anzi, quel sangue sparso era anche per lui. Olga, Lucia, Bernardetta non hanno inventato niente. L’hanno imparato giorno dopo giorno a quell’appuntamento in cui facevano memoria di Gesù che liberamente andò verso la morte anticipando i suoi uccisori: “Prendete… questo è il mio corpo… che è per voi”.
Kwa heri na kwa kuonana! Arrivederci, sempre… Mungu akipenda! A Dio piacendo!
(2. continua)
Delia Guadagnini
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