Per il nostro paese è un momento piuttosto complicato: dovrebbero accorgersene tanto il governo quanto le opposizioni, sebbene non si abbia l’impressione che sia davvero così. O meglio: ci
sono sicuramente componenti dall’una e dall’altra parte che colgono la delicatezza di questo passaggio così come nell’opinione pubblica non mancano, per fortuna, componenti più riflessive, ma in complesso si coglie una certa superficialità nel misurarsi con quanto sta accadendo.
Prendiamo per iniziare l’evolversi della guerra russo-ucraina. Sembra in stallo, ma non sappiamo se davvero sia una buona notizia, perché Putin punta sempre più all’esasperazione del conflitto, probabilmente perché non riesce a capire come cavarsi dal vicolo cieco in cui si è ficcato. Di conseguenza diventa sempre più pericoloso, in quanto non vede una soluzione possibile per lui. In dipendenza da ciò il fronte che punta al suo contenimento, di cui l’Ucraina è sempre più solo il braccio armato, deve constatare che non si trovano vie diplomatiche per la soluzione della crisi. In questo quadro si inserisce una nuova crisi in senso lato mediorientale. La rivolta in Israele contro il tentativo di un piccolo colpo di stato ultraconservatore ha al momento incassato una vittoria, ma non sappiamo quanto definitiva, perché le forze sconfitte cercheranno di riorganizzarsi e di conseguire i loro obiettivi. Sappiamo bene cosa possa significare una instabilità in quel delicato fronte. Si aggiunga la crisi della Tunisia che sta a sua volta esibendosi in un gioco pericoloso. L’attuale governo autoritario usa la bomba demografica dei migranti per ottenere dall’Europa quegli aiuti che gli sono essenziali per sopravvivere, ma non è chiaro se una volta ottenutili verranno usati per stabilizzare le tensioni sociali o a pro degli attuali gruppi dirigenti che non sono esattamente dei campioni di democrazia.
Aggiungeteci l’inflazione che al momento travaglia tutta l’Europa e che ha provocato tensioni enormi in Francia (la rivolta sproporzionata verso una riforma modesta del sistema pensionistico ha radice in quelle paure) e ne sta provocando, sia pure in misura minore anche in Germania, dove peraltro la coalizione “semaforo” al governo (rosso Socialdemocratico, verde dei Verdi, giallo dei Liberali) non gode di ottima salute il che spinge il governo Scholz ad una politica europea piuttosto sovranista (vedi la questione dei carburanti sintetici).
L’Italia in questo quadro deve muoversi con avvedutezza e prudenza, ma non è facile con partiti tutti alla ricerca di guadagni elettorali e per questo spinti a criticarsi a vicenda ed a cercare di eccitare una opinione pubblica che peraltro sembra ormai stanca di queste sceneggiate. Lo si vede molto bene con la vicenda migranti. Mai come in questi mesi sono arrivate ondate migratorie così sostenute, ma le consuete sparate di Salvini, banalmente sostenuto da un ministro degli Interni che ci si aspettava avesse un maggiore controllo della situazione reale, non sembrano incendiare le folle.
È vero, come ha sottolineato qualche osservatore, che da noi non si registrano intemperanze come in Francia e neppure confronti sostenuti come in Germania. Landini ogni tanto butta lì minacce di scioperi generali, ma sembrano le battute di Putin sul ricorso all’arsenale nucleare: è roba possibile, ma si dubita che ci si voglia buttare in spirali del genere. In questo contesto la premier Meloni non è che si muova molto bene. Non riesce a tenere sotto controllo i suoi ministri, non trova il tocco giusto nella comunicazione, non si capisce a quale grande o medio progetto si stia dedicando. Questo non intacca i suoi sondaggi e magari può anche essere soddisfatta che Lega e FI siano sempre in leggero regresso (e già non partivano da buone basi). Tuttavia non riesce a dominare la scena e questo è un problema non piccolo nel momento in cui dovrebbe mobilitare il paese attorno al rafforzamento degli interventi sul PNRR che vanno a rilento e a volte anche peggio di così.
Il ministro Fitto ha ottenuto a Bruxelles un po’ di spiraglio nelle valutazioni sul nostro procedere nell’adempimento degli impegni, ma il sospetto è che ci sia stato concesso anche perché la UE avrebbe non pochi problemi ad aprire un procedimento di contestazione verso di noi: nelle tribolazioni attuali sarebbe l’ultima cosa che le serve. È qualcosa, ma non abbastanza per spingerci negli impegni sul PNRR al salto di qualità necessario.
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