Benedetto XV definì la Grande Guerra una “inutile strage”. Morirono 9 milioni di militari e 7 di civili. A distanza di un secolo e dopo anche il Secondo conflitto mondiale, l’Europa è ancora insanguinata da uno scontro fratricida. Davvero l’uomo non sembra imparare! L’altra notte, però, l’Academy ha dato un segnale forte, assegnando l’Oscar come miglior film straniero a Niente di nuovo sul fronte occidentale (con altre otto candidature), ultimo adattamento del celeberrimo romanzo di Remarque, pubblicato nel 1928 e tradotto in 32 lingue.
Forte di tale solido impianto narrativo, il film merita perché testimonia come la cinematografia europea – cast tecnico e artistico sono tutti tedeschi – possa ancora valicare i confini continentali con un respiro epico, dalle tinte forti e a volte raccapriccianti, in modo tecnicamente inappuntabile, ma anche capace di scuotere nell’intimo le coscienze.
Nel 1917 il diciassettenne Paul Bäumer (un ragazzo del ’99 come tanti giovani italiani sull’altro fronte) si arruola nell’esercito tedesco insieme ai compagni, infervorato dal patriottismo fanatico di un funzionario scolastico. Gli occhi azzurri ora entusiasti del giovane protagonista sono e saranno i nostri anche quando diverranno stralunati ed atterriti.
Vediamo che i giovani ricevono le uniformi indossate dai soldati uccisi e subito percepiamo che il racconto sarà una spietata denuncia della carneficina che si va consumando. Paul stringe amicizia con il più anziano “Kat”, un calzolaio analfabeta che nel chiedergli di leggere e scrivere le lettere con la moglie, gli trasmette saggezza e amore per la vita. Ma gli attimi di umanità sono solo barlumi fra le disumane sofferenze dei combattimenti in trincea. Francesi e tedeschi si massacrano anche all’arma bianca e Paul, suo malgrado – proprio come il Piero di De Andrè – uccide barbaramente per non essere ucciso. Una sequenza che è un grido nella sua sconvolgente tragicità. Paul pugnala con la foga della sopravvivenza, poi cerca di soffocare le grida insopportabili del nemico agonizzante, ma quando questi esala l’ultimo respiro, lo accarezza come un Cristo morto, chiedendogli perdono.
Mentre nell’ovattato scompartimento di un treno, i capi delle nazioni contrapposte, con inconsapevole cinismo, si attardano a concordare una tregua; a schiaffo, violentemente, siamo catapultati fra i morti e i morituri in scontri fratricidi, dove il colore del sangue versato domina sui grigi plumbei di una fotografia dalla bellezza mozzafiato. Poco prima dell’armistizio finalmente fissato dalle
controparti, alle ore 11 dell’11 novembre 1918, ai soldati tedeschi è comandato di sferrare un ultimo insensato assalto.
Niente di nuovo sul fronte occidentale è un film che richiede il coraggio di guardare la tragedia bellica in tutta la sua brutalità, ma solo facendo ancora una volta memoria degli orrori del passato possiamo sperare di trovare le vie per una pace duratura.
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