Evitare le morti in mare è un imperativo etico

Non c’è solo l’emergenza migranti a caratterizzare questo passaggio politico. Indubbiamente il problema del controllo dei flussi migratori è molto complesso e sarebbe saggio sottrarlo alle semplificazioni delle opposte propagande, ma è un’impresa molto ardua. Sia a destra che a sinistra si spinge per una polarizzazione estrema delle posizioni e questo non aiuta il paese ad affrontare
un tema che ha molte più facce di quelle che muovono le passioni di parte.

Evitare le morti in mare è ovviamente un imperativo etico assoluto, ma non si può fingere che tutto finisca lì. Una volta salvati i migranti si deve potersene far carico: sia a livello della loro inserzione nel sistema nazionale in condizioni di dignità e potendo controllare il nomadismo di disperati senza radicamento, sia tenendo conto del fatto che molti considerano l’Italia un transito verso altri paesi che non li vogliono, per cui aumentano le problematiche della loro gestione e aprono questioni non facili di rapporti con i nostri confinanti.

Nell’esasperazione polemica e passionale con cui si affronta questa criticità (ormai parlare di emergenza ha poco senso, essendo qualcosa che dura da un decennio) si smarriscono i modi per provare a gestirla e questo indebolisce ulteriormente la coesione del paese in un momento in cui ce ne sarebbe particolare bisogno.

Si deve infatti considerare che non siamo di fronte ad una congiuntura particolarmente favorevole. È vero che non si è verificato quel crollo che sembrava doverci essere con la parziale fine dell’emergenza pandemica, anzi per certi versi l’economia è ripresa, il mercato del lavoro ha recuperato qualcosa, le tensioni nella vita pubblica non sono preoccupanti (un po’ di abitudine all’agitazione di piazza fa ormai parte del nostro vissuto, ma per ora non porta a situazioni drammatiche). È però altrettanto vero che ci sono due incognite che continuano a pesare: la prima, ben nota, è l’evoluzione che può avere la guerra in Ucraina; la seconda è lo spettro di una nuova crisi del sistema economico sotto quel fenomeno che si chiama stagflazione. Putin al momento non ha alcuna intenzione di uscire dal conflitto e anzi lo inasprisce con una tattica di terra bruciata che, a parte la disumanità totale della condotta, non lascia spiragli a trattative. Infatti è difficilmente immaginabile che chi si è visto radere al suolo il proprio paese con una bestialità tecnologica sproporzionata possa essere in grado di accettare una pace di compromesso. Ciò però significa spingere il conflitto alla soluzione finale che deve vedere un vinto e un vincitore e questo porta, purtroppo, sull’orlo di una deflagrazione generale. Per evitarla c’è da attendersi che si percorrano strade rischiose e inesplorate lungo cui toccherà marciare all’Italia, che non è nelle condizioni migliori per farlo.

L’altra incognita è la ripresa dell’inflazione a cui si cerca di rispondere con la classica ricetta dell’aumento del costo del denaro. Gli economisti più avvertiti vedono con preoccupazione un contesto in cui il timore dell’inflazione spingerà investitori e attori economici a comportamenti che possono diventare isterici, mentre le autorità pubbliche cercheranno di tamponare a loro volta con provvedimenti finanziari restrittivi. La conseguenza potrebbe essere il combinarsi di una stagnazione dello sviluppo economico che si salda con una inflazione che sfugge almeno parzialmente ai controlli: appunto l’incubo della stagflazione.

In un contesto del genere un equilibrio sociale piuttosto fragile come è quello italiano sarebbe esposto a grossi rischi. Negli ultimi decenni abbiamo lasciato crescere troppo le diseguaglianze nella convinzione che i “risparmi” delle famiglie e un po’ di assistenzialismo alla cieca fossero sufficienti a far passare la nottata in attesa di una nuova giornata. Se questa non sorgerà, o sorgerà con caratteristiche diverse da quelle attese, non siamo certi di disporre delle risorse sia materiali che morali per affrontare un contesto poco favorevole.

Sarebbe meglio che la politica, invece di inseguire i risultati dei sondaggi settimanali, invece di correre alla ricerca di una resa dei conti dopo l’altra (adesso tutti aspettano le elezioni europee, dimenticando le varie scadenze di elezioni amministrative che impattano molto di più sulla vita dei cittadini), provasse a ragionare su come attrezzarsi per fronteggiare i problemi sul tavolo. Cercando soluzioni razionali e condivise e non slogan che servono solo per entusiasmare i propri fan.

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