Nel 1964 Paolo VI affidava alla diocesi un mandato ecumenico e mons. Gottardi avviava un dialogo che continua ancora oggi
Puntuale, come tradizione, inizia giovedì 18 gennaio, Festa della Cattedra di san Pietro, la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani che si concluderà il giorno in cui si ricorda la Conversione di san Paolo (25 gennaio). Il tema di quest'anno, scelto congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese (con l'intento che ci possa accompagnare per tutti i prossimi 12 mesi), è tratto dal libro dell'Esodo: “Potente è la tua mano, Signore” (Es 15,6), il canto di Mosé e degli Israeliti dopo il passaggio del Mar Rosso.
Davvero significative le riflessioni che fanno parte del materiale offerto come sussidio per la Settimana preparate dai cristiani della regione Caraibica (una comunità di circa 1,4 milioni). Una realtà – che si estende dalle Bahamas fino al Suriname, Guyana, Barbados e Belize – molto più complessa di quello che talvolta immagina il nostro Occidente dove si associa perlopiù una visione di tipo “turistico” ignorando di fatto il mosaico di etnie, lingue e religioni che costituiscono quella realtà. Un pugno di isole, i Caraibi, ancora oggi profondamente segnate dalla storia coloniale che ha conosciuto spagnoli, inglesi, francesi, olandesi e americani produrre sfruttamento disumanizzante e provocare ferite non ancora rimarginate in quelle popolazioni.
Perché la Settimana ecumenica è anche questo: condividere un tratto di strada con altri, anche se lontani, e soprattutto essere disposti, come si può, a farsi carico della sofferenza dei fratelli. Solo così possiamo comprendere la scelta del tema 2018 – “The Right Hand of God” era stato l'inno della Conferenza delle Chiese dei Caraibi (CCC) nell'agosto 1981 – e vivere appieno le giornate di preghiera e gli appuntamenti proposti: Dio è più forte di ogni oppressione umana, perché, come recita l'Inno, “la mano di Dio risana la terra, guarisce i corpi, le menti e i cuori feriti”.
Ma quest'anno esiste per noi un ulteriore motivo di riflessione: risale infatti a 50 anni fa la costituzione della prima Commissione ecumenica nella nostra diocesi fortemente voluta dall'arcivescovo Gottardi, quale seguito fattivo del particolare “mandato” affidato da papa Paolo VI alla Chiesa di Trento nel corso dell'udienza dell'8 marzo 1964 con i trentini in visita a Roma: “non costituire un confine, ma aprire una porta; non attendere chi da 4 secoli non è venuto, ma andarlo fraternamente a cerca”. Sono parole che la diocesi di Trento ha fatto sue e lo testimoniano i tanti eventi ecumenici che hanno segnato le tappe di un dialogo: su tutti la prima preghiera insieme dagli anni della Riforma il 7 ottobre 1984 nel duomo di Trento ai piedi del Crocifisso del Concilio.
Anima di tutta l'attività oggi come allora, è stata proprio l'apposita Commissione la cui presidenza era stata affidata nel 1968 a don Dante Clauser, primo delegato per l'ecumenismo e poi via via a dei laici che affiancavano il prete delegato (per 30 anni don Silvio Franch, poi don Antonio Sebastiani e oggi don Andrea Decarli con un responsabile dell'Ufficio, Alessandro Martinelli).
Segno di una autentica passione per il dialogo che a Trento non conosce soste.
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