Anche le Acli trentine intervengono nel dibattito sulla sanità provinciale, proponendo l’apertura di un confronto per lanciare una grande riforma sanitaria all’insegna della territorialità, della prevenzione, della domiciliarità e della partecipazione.
“Negli ultimi anni, anche in Trentino stiamo assistendo ad un lento quanto inesorabile processo di privatizzazione della sanità e al prevalere dell’approccio che lega il valore della salute al concetto riduttivo di “assenza di malattia”. Tutto ciò ha generato un sistema fortemente sbilanciato sulla patologia e sulla cura, ponendo al centro le strutture ospedaliere (visione ospedale-centrica) e trascurando gli obiettivi della prevenzione e dei corretti stili di vita che da soli potrebbero ridurre del 50% le malattie. La situazione si è poi ulteriormente aggravata in seguito all’affermazione di una visione aziendalistica che considera la sanità, anziché un investimento per il benessere del cittadino, un semplice costo a carico della comunità. Sul settore sanitario si sono poi abbattute le conseguenze della pandemia che hanno messo in crisi il sistema sia dal punto di vista organizzativo che strutturale, facendo emergere i limiti del modello privatistico e l’urgenza di una sua radicale ristrutturazione. Per questi motivi riteniamo fondamentale fare tesoro delle insufficienze emerse durante la pandemia individuando una prospettiva di riforma basata sul rilancio dei valori della prevenzione, dell’accesso pubblico alla sanità e della partecipazione dei territori e dei cittadini-utenti”, scrivono in una nota Luisa Masera, Segretaria provinciale FAP Acli e Luca Oliver, Presidente Acli trentine.
“Si devono superare ritardi e lunghe liste di attesa nelle prestazioni ordinarie e ancor più in quelle dei nuovi bisogni di cura evitando quella deriva che vede una parte sempre più consistente del personale sanitario e specialistico scegliere la libera professione (gettonisti), o privilegiare il passaggio al settore privato, depauperando sempre più il settore pubblico. Possiamo e dobbiamo farlo perché oggi, rispetto al passato, abbiamo risorse importanti messe a disposizione dall’Europa, attraverso il PNRR, per realizzare questo profondo e innovativo cambiamento”, proseguono i vertici aclisti: “Il disegno di riforma dovrà quindi completarsi attraverso la realizzazione di un sistema sanitario che riconosca la centralità della medicina territoriale, della medicina di prossimità e predittiva, oltre al potenziamento della domiciliarità diversificata per livelli di intervento rispetto ai percorsi di cura, della continuità assistenziale e della reale presa in carico della persona (Case di comunità, Ospedali di comunità). Il nuovo modello dovrà dotarsi infine di strumenti innovativi legati alla telemedicina, al teleconsulto e al telecontrollo a distanza di patologie croniche”.
“Una riforma così impegnativa richiede il pieno coinvolgimento dei cittadini e degli operatori sanitari e sociosanitari a tutti i livelli. Non è pensabile che la politica ritenga di poter procedere senza un adeguato confronto con la popolazione e le sue rappresentanze, pena il rischio di operare scelte non all’altezza delle necessità e del bene comune. Un confronto che fino ad oggi è purtroppo mancato e che auspichiamo venga ripreso al più presto nell’interesse del Trentino e della sua autonomia”, concludono Masera e Oliver.
Lascia una recensione