Marcialonga d’oro: le note della sera del dì di festa

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Cavalese, 29 gennaio – Scende il sipario del tramonto sulla catena dorata del Lagorai e l’edizione 50 “chiude” lasciando nel cuore grande soddisfazione, la solita malinconia della “sera del dì di festa” e qualche pensiero per la gran fondo al giro di boa. I cinquant’anni sono traguardo d’anniversario, celebrato alla vigilia con lo sbarco nel capoluogo  (anche se la neve scaricata in via Belenzani non è stata la scelta simbolica più indovinata) per far capire quanto questo “prodotto” antico sia ancora popolare e fondato sul volontariato.

Per gli appassionati dilettanti del fondo, i bisonti che abbiamo seguito arrancare fino all’inedito “Mur de le strie” degli ultimi 800 metri, la Marcialonga è ancora d’oro e lo sarà – se il gruppo dirigente non perde lo spirito dei fondatori – ancora a lungo. Una regia quasi silenziosa e discreta, come le pale dell’elicottero che non si sentono e le motoslitte che non disturbano. E poi i rifornimenti perfetti, la cortesia dei volontari, la cura dei binari in cui gli sci o vanno o non vanno.

Anche per i big la gara è ancora un obiettivo, basta guardare all’arrivo la gioia incontenibile dei giganti svedesi come Emil Persson e la norvegese Magni Smedaas, che ancora con la corona d’alloro al collo si girano ad abbracciare i compagni di fuga, come artefici della stessa impresa. Va detto peraltro che il calendario internazionale ormai da qualche anno sottrae i migliori specialisti da questo circuito di stakanovisti e anche i migliori italiani devono disertare: grazie comunque a Mauro Brigadoi e agli altri di casa nostra che han cercato di tingere d’azzurro le fasi centrali della gara.

Anche se favorito da una giornata ideale per gli atleti e anche per i tifosi  (soleggiata e per nulla ventosa), il pubblico lungo il percorso non è più quello di una volta. Numeroso forse sì, ma non così organizzato, assiduo e fedele  come avveniva in passato quanto per tutta la giornata i “bisonti” potevano godere dell’incontro con valligiani e villeggianti, anche con qualche gruppo ben organizzato. Una tendenza che dura da qualche anno e che si dovrebbe provare ad invertire, “accendendo” lungo il tracciato qualche ulteriore motivo di interesse. Non si tratta di cercare il colpo a sorpresa (da questo punto di vista la conferenza stampa in aereo dell’edizione 50 non è stata una gran trovata), ma di provare a rinverdire quella partecipazione popolare che ha fatto della Marcialonga quello che è oggi.

Indovinato il recupero della tradizione – sia con la Marcialonga Story, formula ormai assodata e divertente. sia con il manipolo dei 50 per 50 che hanno gareggiato  oggi con indumenti d’epoca – ma per il futuro non si potrà vivere troppo di amarcord: certamente, le storie personali sono da recuperare (come si fa nel sito con la sezione #storiedimarcialonga e come abbiamo provato a fare sul nostro settimanale, vedi numero 5 pag. 8 e 9), ma vanno probabilmente “raccontate” anche in  presa diretta. in modo tale che anche per il pubblico a bordo pista  l’incontro con i veri protagonisti della Marcialonga – i bisonti – sia più genuino e attrattivo.  La copertura televisiva di RTTR (con gli ottimi commenti personalizzati) e le voci, anche in ladino, raccolte da radio Fiemme (pure all’edizione del cinquantesimo, come celebrato su Vita Trentina) sono la conferma di quanto interesse anche in un pubblico distante dall’elite  fondistica la classica dell’Avisio può suscitare.

Quando da domani gli organizzatori si siederanno al tavolo per una verifica con i volontari e gli sponsor, qualche pensiero di prospettiva  sui prossimi dieci anni della manifestazione s’imporrà; anche all’insegna di una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale in  cui pure Fiemme e Fassa possono vantare alcune fiori all’occhiello o nel recupero di quella dimensione  “ecumenica” (vista la partecipazione di atleti di tanti Paesi e fedi diverse) evidenziata nell’intervista al nostro settimanale da don Franco Torresani (complimenti a lui per l’ottima gara nel giorno del suo 61° compleanno!). Insomma la Marcialonga ora deve cambiare, restando fedele alla sua ispirazione più genuina e alla sua identità: quella di attraversare e collegare montagne e comunità che “raccontano” una bellezza di cui si sentirà bisogno a lungo, forse sempre.

 

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