Come annunciare il Vangelo agli adulti di oggi? Alcuni spunti nel libro di don Rolando Covi nato da una ricerca trentina
“Calcolo bene la giusta distanza…” recita il ritornello del canto scout (“Prepara con cura il cammino”, di Mattia Civico) che torna in mente riflettendo sulla relazione tra comunità cristiana e mondo degli adulti alla vigilia dell'Assemblea diocesana 2017. Ci aiuta lo stimolante libro del “nostro” don Rolando Covi, delegato vescovile per la catechesi e i giovani, pubblicato in giugno da Edizioni Messaggero di Padova e Facoltà Teologica del Triveneto con il titolo “Per noi uomini e per la nostra salvezza”.
A partire dai dati di una ricerca “qualitativa” condotta in un decanato a sud di Trento, don Rolando mette a fuoco questa distanza “percepita” fra gli adulti reali di oggi e una parrocchia che sembra aver perso la sua forza attrattiva, “che dice e non dice, comunica e oscura, attrae e allontana”. “Si potrebbe parlare di un cristianesimo che lascia indifferenti e che non dà colore alle pieghe quotidiane della giornata”, è la sensazione iniziale, che al termine della ricerca però assume un'evidenza diversa: la distanza esiste ma potrebbe essere ridotta o corretta. Il problema sembra essere, in sintesi, che “da una parte le proposte pastorali veicolano un'immagine di adulto che non sempre corrisponde alla vita reale, dall'altra, l'immagine di Chiesa che gli adulti portano con sé non corrisponde a quella effettiva e impedisce la possibilità di un incontro vero con il Vangelo”.
Fratel Enzo Biemmi, il pastoralista noto per la sua insistenza sul “secondo annuncio” agli adulti, afferma nella prefazione che questo studio trentino è fecondo perché offre una sorpresa rilevante. “La distanza tra proposta ecclesiale e mondo degli adulti non è poi così grande, anzi è nella distanza la soluzione della distanza stessa. Non c'è cattiva volontà né da una parte né dall'altra. Entrambe le parti sono alla ricerca di ciò che veramente da significato alla vita: l'umano. Il dialogo fra operatori pastorali e adulti è incompiuto ma possibile. L'umano è il terreno del dialogo comune”. Secondo Biemmi, dunque la conclusione può essere questa: “La distanza è il luogo da abitare perché va riconosciuta come distanza dalle due parti: degli adulti dalla Chiesa e dal Vangelo: della Chiesa dagli adulti e dal Vangelo”.
Attingendo agli schemi interpretative del filosofo Duccio Demetrio, del pedagogista Daniele Loro e del catecheta belga Andrè Fossion, don Rolando offre una mappa di indicazioni utili alla prassi pastorale. Intanto, la dimensione dell'ascolto profondo e reciproco (“una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c'è gente che si allontana contengono già in se stesse le ragioni per un possibile ritorno”, citazione del Papa ai vescovi brasiliani nel 2013), ma anche una serenità di fondo, senza la pretesa di inquadrare: “Occorre appoggiarsi alla distanza, non superarla – scrive Covi – perchè è proprio quella distanza che permette a entrambi di cercarsi: alla Chiesa di non fossilizzarsi, all'adulto di essere interpellato”.
La gente chiede di essere aiutata a capire ciò che sta vivendo: “Tu mi racconti la tua esperienza, io sulla tua esperienza ti faccio vedere Dio” è una delle attese emerse nella ricerca e questo “riconoscimento” dell'umano, per capire come la fede possa agire in esso, è una delle chiavi dell'azione pastorale.
Non possiamo riprendere altre conseguenze sul piano della formazione (da adeguare) e dell'organizzazione (da ridisegnare), ma citiamo i paragrafi conclusivi, piste da applicare alle varie iniziative, dalla catechesi battesimale ai pellegrinaggi, dagli itinerari fidanzati ai percorsi per genitori: un annuncio che aiuta ad abitare le domande (“l'adulto percepisce con fatica la Chiesa quando vuole offrire solamente soluzioni”); un annuncio come sorpresa (“il Vangelo è sempre nuovo” ma anche un adulto “attraversa eventi sorprendenti”); un annuncio che parte dalla carità (“vivere la fede, prima che riflettere sulla fede”); un annuncio che dà parole alla vita (“Dio parla agli uomini attraverso altri uomini”); un annuncio che non separa la causa di Dio da quella degli uomini (“Ogni epoca è adatta al Vangelo”); un annuncio sulla morale: nella fragilità, l'azione di Dio; un annuncio che “funziona” nelle relazioni, perché è in esse che si rende possibile l'appartenenza alla comunità: “Molte volte invece l'appartenenza viene ridotta all'adesione a una dottrina, insufficiente senza un ambiente in grado di renderla viva”.
Infine, il riconoscimento che “è proprio il laicato a dare qualità alle catechesi degli adulti”. Senza laici, uomini e donne, che vi portano dentro la loro vita quotidiana non può esservi rinnovamento della pastorale.
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