Lo aveva anticipato rispondendo al saluto del vescovo Egger: nella cattedrale e con la bella musica vediamo qualcosa dello splendore del volto di Cristo. Fede e bellezza, cuore e ragione. Temi cari al defunto papa Benedetto, di cui ebbe modo di parlare il 6 agosto del 2008 quando, durante le sue vacanze altoatesine, incontrò il clero diocesano nel duomo di Bressanone. Questa bellezza, disse, aiuta “a portare in noi anche in giorni oscuri, la sua luce per portare la luce ad altri, per illuminare il mondo e la vita in questo mondo”.
Ma papa Benedetto XVI si rese disponibile anche a dialogare su questioni più controverse. L’allora parroco e decano di Castelrotto, don Franz Pixner, toccò il tema del ruolo dei sacerdoti e della loro crescente fatica nelle attività pastorali. Crescente in quanto il loro numero era ed è in diminuzione. “Ci preoccupiamo – disse don Franz – dell’aumento di carico nella cura pastorale a causa, per esempio, delle unità pastorali, che si stanno creando: la pesante pressione del lavoro, la mancanza di riconoscimento, le difficoltà riguardo al Magistero, la solitudine, la diminuzione del numero dei sacerdoti ma anche delle comunità di fedeli”. E aggiunse: “In questo contesto nascono domande, per esempio in merito al celibato dei sacerdoti, all’ordinazione di viri probati al sacerdozio, al coinvolgimento dei carismi, in particolare anche dei carismi delle donne, nella pastorale, all’incarico a collaboratrici e collaboratori formati in teologia di conferire il battesimo e tenere omelie”.
Benedetto intervenne su più punti. Sottolineò la necessità che il sacerdote sia “a disposizione di tutti”. Da un lato egli è “tolto dal comune”, ma per essere “consegnato all’insieme”. Si mette “a disposizione del Signore veramente nella completezza del proprio essere” per “trovarsi quindi totalmente a disposizione degli uomini”. Il celibato va visto come “un’espressione fondamentale di questa totalità”. Il “sacerdozio è insostituibile”, continuava Benedetto, e proprio per questo è “importante avere il coraggio di limitarsi e la chiarezza nel decidere le priorità”. “Una priorità fondamentale dell’esistenza sacerdotale è lo stare con il Signore e quindi l’avere tempo per la preghiera”. Ma soprattutto: “Devo imparare a vedere cosa sia veramente essenziale, dove sia assolutamente richiesta la mia presenza di sacerdote e non posso delegare nessuno”. Detto questo, però, per tutto il resto il sacerdote deve “saper delegare, chiamare le persone alla collaborazione”.
Un altro tema toccato da papa Ratzinger nel rispondere a don Pixner fu quello della vita comune. “I sacerdoti, anche se magari vivono geograficamente più lontani gli uni dagli altri, sono una vera comunità di fratelli che devono sostenersi ed aiutarsi a vicenda”. “Nessun sacerdote è sacerdote da solo”.
Il mandato del Papa, aveva chiarito all’inizio, è sostanzialmente quello di “confermare i fratelli nella fede”. E così anche il “Primato, che non è una monarchia assoluta, ma un servizio di comunione”, dà “la certezza di questa unità, così che in una grande comunità a tante voci, tutti insieme facciamo risuonare la grande musica della fede in questo mondo”.
Ai temi più scottanti – le alternative al celibato, il ruolo delle donne – il Papa non rispose a don Franz. Meglio: non dette rispose dirette, ma indicazioni di metodo. Di più: ammise di non avere “una risposta a tutto”.
“Caro decano”, disse, “lei ha aperto tutto il fascio di domande che occupano e preoccupano i pastori e noi tutti in questa nostra epoca e certamente lei sa che io non sono in grado di dare in questo momento una risposta a tutto. Immagino che lei avrà modo di ragionare ripetutamente di tutto questo anche con il suo Vescovo, e noi a nostra volta ne parliamo nei Sinodi dei Vescovi. Noi tutti, credo, abbiamo bisogno di questo dialogo tra di noi, del dialogo della fede e della responsabilità, per trovare la retta via in questo tempo sotto molti aspetti difficile per la fede e faticoso per i sacerdoti. Nessuno ha la ricetta pronta, stiamo cercando tutti insieme”.
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