Mons. Tisi con Vita Trentina in val di Fassa: "Riscopriamo il Dio del sentiero, che come le buone madri insegna a camminare e non cammina al posto nostro"“Nella famiglia c'è il meglio della società italiana”
“Il Dio cristiano è un Dio del sentiero e non dell'autostrada. Dell'alba degli inizi e non della luce sfolgorante”. Lungo la camminata che ha condotto i pellegrini da Pera di Fassa alla chiesetta di S. Giuiana, il vescovo Lauro si è lasciato ispirare dai passi in salita e dall'aria fresca all'ombra del bosco, e durante la prima pausa ha condiviso la sua riflessione, oltre che con i compagni di strada, con tutti gli ascoltatori di radio Trentino inBlu, sintonizzati sulla diretta nazionale. “Nell'incarnazione si presenta come il figlio del falegname, un Dio di periferia, che a prima vista ha tutto fuorché i connotati di Dio. In un mondo dove tutti gridano, dove ci danno tante risposte, l'augurio è quello di riscoprire questo Dio, che si presenta in punta di piedi e che apre domande”.
Un Dio, ha poi ripreso l'Arcivescovo nell'omelia della Messa concelebrata a S. Giuliana per la seconda festa estiva di Avvenire e Vita Trentina, che “si fa sentiero per dare campo. In questo sta la bellezza e la credibilità del Dio cristiano: non occupa lo spazio, ma lo regala. Un Dio onnipotente perché si ritrae, si abbrevia, perché l'uomo possa avere tutto il campo davanti”.
Ed entra in gioco la responsabilità di fronte alla storia, anche come Chiesa, perché in quest'ora tragica “non è Dio ad essere assente, ma siamo noi che ci siamo assentati dal camminare con lui”. Eppure, ha ricordato il Vescovo, “l'uomo è giudicato da Gesù di Nazareth capace di produrre 'il centro per uno': una provocazione, nessuna semente è in grado di produrre tanto. Dove abbiamo lasciato la fiducia immensa che Dio dà a ciascuno, di essere il costruttore della vita e del futuro?”.
Occorre che l'uomo riscopra le sue enormi potenzialità, attraverso le poche e fondamentali indicazioni che suggerisce il Decalogo: frequentare il sacro, “senza lasciarsi decrivere da quello che si fa o si possiede, perché l'uomo è molto di più”; “rimanere saldi nelle radici che ci hanno generato, quelle della famiglia (- “qualunque essa sia!” -) perché lì c'è il codice del meglio di se stessi, e anche il meglio della società italiana”; infine, liberare il desiderio dalla volontà di possesso e sopraffazione: “Gioisci dell'esistenza dell'altro come diverso da te, lascia che l'altro sia altro da te, fai di tutto perché l'altro abbia il suo spazio, non andare a saccheggiare lo spazio dell'altro”.
E, accanto a chi di mestiere cerca quotidianamente di interpretare al meglio i segni dei tempi – ha ricordato l'Arcivescovo rivolgendosi ad Avvenire e a Vita Trentina con l’augurio di essere per tutti provocazione a sognare – ognuno deve sentire la responsabilità di narrare all’umanità questo “Dio diverso, ancora nel cellophane, tante volte narrato male e distrattamente, non raccontato per quello che è: il Dio del sentiero, che come le buone madri insegna a camminare e non cammina al posto nostro”.
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