Nei discorsi di papa Benedetto XVI era frequente l’immagine della montagna. Una montagna che amava frequentare nei periodi estivi – con soggiorni anche in Alto Adige – e nei rari momenti di riposo, oltre che nei suoi Angelus e nei suoi commenti al Vangelo.

Nel descrivere il cammino di Gesù pellegrino verso Gerusalemme, in occasione della festività delle Palme, nel 2011, Benedetto XVI usava l’immagine del “cammino verso l’altezza della Croce, verso il momento dell’amore che si dona”. E affermava come il termine ultimo del pellegrinaggio di Gesù fosse “l’altezza di Dio stesso, alla quale Egli vuole sollevare l’essere umano”.

Domandandosi “chi salirà la montagna del Signore” – un chiaro richiamo al Salmo 24 -, papa Ratzinger affermava che l’avrebbe fatto “chi ha le mani innocenti e cuore puro” ed è capace del “rifiuto della menzogna e della ricerca del volto di Dio”. E l’ascesa, continuava, arriva solo “se in umiltà riconosciamo che dobbiamo essere attirati verso l’alto; se abbandoniamo la superbia di volere noi stessi farci Dio”, riconoscendo che “abbiamo bisogno di Lui” e che è Lui che “ci tira verso l’alto”. “Proprio la superbia di poterlo fare da soli – aggiungeva papa Benedetto XVI – ci tira verso il basso e ci allontana da Dio”.

Incontrando i maestri di sci, nel 2010, Benedetto XVI aveva detto che “praticato con passione e senso etico lo sport è scuola di valori umani e cristiani”. All’incontro, tra l’altro, aveva partecipato anche l’ex ministro degli esteri Franco Frattini, anche lui scomparso recentemente e anche lui, come Benedetto, legato all’Alto Adige.

Nel parlare con i maestri di sci, papa Benedetto XVI aveva parlato anche della cornice in cui si pratica questo sport: la montagna. “Un ambiente – aveva detto – che, in modo speciale, ci fa sentire piccoli e che ci rende capaci di interrogarci sul senso del creato, di guardare in alto, di aprirci al Creatore” e al compito di essere custodi del mondo.