Sul taccuino del viaggiatore

“I piedi e i passi svelano la legge universale del divenire incessante: diveniamo per attraversare la vita, per migliorare. Anche girovagare senza meta è una risorsa importante se implica l'apertura allo stupore, alla contemplazione, al silenzio

"Il camminare virtuoso per me significa vivere una solitudine felice, insieme agli altri, assaporare la bellezza del silenzio e portare un taccuino su cui lasciare testimonianza di ciò che ho sperimentato nel mio andare". Il filosofo Duccio Demetrio ha riassunto così l'essenza e il valore racchiuso nel viaggio inteso come metafora della ricerca di sé, di Dio per i credenti, del senso della vita per chi non cessa di stupirsi dinanzi al mistero del mondo, nell'incontro dedicato a "L'eterno umano viaggiare" svoltosi sabato 20 maggio nella Biblioteca del Vigilianum, a Trento.

Annotare i movimenti profondi dell'interiorità mentre il corpo è in cammino, lasciarne traccia scritta, rileggersi a distanza di tempo trasmette la sensazione di aver vissuto un'esperienza che ha prodotto frutti unici e originali, insieme alla consapevolezza che, nelle sue molteplici declinazioni – andare, peregrinare, girovagare, sostare, perdersi, ritrovarsi – il viaggio a piedi può essere esercizio investigativo su di sé, etico e culturale. "Oggi si viaggia molto e ovunque, cercando svago e divertimento così, più che riportarci a noi stessi, il viaggio ci spersonalizza. Il viaggio autentico, invece, è quello che si rivela fonte di cambiamento, e perciò educativo, esperienza di scoperta e strumento attraverso il quale coltivare e arricchire il nostro mondo interiore".

Il viaggio è il viaggiatore. L'aforisma di Fernando Pessoa è solo uno dei suggestivi spunti di riflessione proposti da Demetrio, a lungo professore ordinario di Filosofia dell'educazione e della narrazione all'Università Bicocca di Milano, fondatore della Libera Università dell'Autobiografia di Anghiari (AR) e dell'Accademia del silenzio. Autore di libri quali "Filosofia del camminare (R. Cortina, 2005) e "La religiosità della terra. Una fede civile per la cura del mondo" (R. Cortina, 2013), ha accompagnato i presenti alla scoperta delle parole di filosofi, scrittori e poeti che si sono lasciati interrogare dal tema del viaggio, guidandoli fino ai "passi" del poverello d'Assisi, ripercorsi nel suo "Scrivi, frate Francesco. Una guida per narrare di sé" (EMP, 2017).

Il viaggio può essere quello dell'"Homo viator" di Gabriel Marcel e il "cammina verso te stesso" di Michel de Montaigne; può incarnare il costruirsi strada facendo, espresso in "Caminante", poesia in cui Antonio Machado scrive che "il sentiero non esiste, si traccia camminando; viandante, sono le tue orme il sentiero", oppure l'andare infantile del bambino che, nella poesia di Attilio Bertolucci, va "Verso le sorgenti del Cinghio". In ogni caso, viaggiare richiede la disponibilità di restare aperti al nuovo e alla sperimentazione nonostante l'incertezza e lo spaesamento. La condizione esistenziale dell'uomo è, infatti, quella itinerante del viandante, immagine che nell'esperienza cristiana significa cercare la strada, non trovarla, ritentare, ma anche avere dentro di sé la meta.

"Nel cammino, protagonisti sono i piedi e i passi che svelano la legge universale del divenire incessante: il corpo si muove, procede, si sottopone alla fatica – ha commentato Demetrio -. Diveniamo per attraversare la vita, per migliorare. Diveniamo quando siamo di fronte ad un bivio. Anche girovagare senza meta è una risorsa importante se implica l'apertura allo stupore, alla contemplazione, al silenzio".

"Scrivi, frate Francesco" nasce dal desiderio dell'autore di capire come camminava S. Francesco e l'incontro si è concluso con la lettura di un "ideale del camminare virtuoso" rintracciato nei suoi testi autobiografici: "Semplicità, umiltà, sobrietà, carità, gioia, vitalità, il rapporto con la natura: sono virtù che troviamo in lui e rendono il suo camminare un esempio. Amava andare a zonzo, avventurandosi in luoghi impervi per curiosità. Ogni tanto si fermava a meditare, poi ripartiva baldanzoso dopo aver goduto del silenzio, intonando canti o dettando le ispirazioni del momento. Non aveva santuari da raggiungere, il Vangelo lo portava dentro sé".

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