Abusi, prima le vittime o prima il sistema?

Il recente convegno “La Chiesa e gli abusi: le azioni nella Diocesi di Trento” promosso dal Servizio Tutela Minori della Diocesi di Trento

“Ricordiamoci che alla base di ogni abuso c’è l’abuso di potere”. Basterebbe questa affermazione non solo per dare un nome più vero alla realtà degli abusi sessuali nella Chiesa, ma anche per mettere in discussione il modo in cui essa, oggi, viene (o non viene) affrontata. Ovvero, appunto, restringendo la questione agli abusi sessuali in senso stretto, senza riconoscere che “alla base di ogni abuso c’è l’abuso di potere”. C’è infatti una responsabilità individuale, che non si discute, e c’è una responsabilità del sistema in sé: un sistema di potere difficilmente riformabile, resistente a ogni tipo di intervento che ne limiti le prerogative.

“Ricordiamoci che alla base di ogni abuso c’è l’abuso di potere”. A dirlo – in un’intervista raccolta da Paola Zampieri per la Facoltà teologica del Triveneto – è don Gottfried Ugolini, responsabile per la diocesi di Bolzano-Bressanone del Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e coordinatore, nel Nordest, del corrispondente Servizio interdiocesano.

“L’abuso non avviene mai come un fatto isolato tra due persone”, spiega Ugolini. “È sempre coinvolto l’ambiente, anzitutto il sistema, che permette, favorisce, ignora, copre e che relativizza l’abuso attraverso concetti teologici, pastorali e spirituali distorti o idealizzati. Una gerarchia autoritaria o permissiva, un sistema di informazione e di comunicazione inefficace, l’assenza o trascuratezza di una formazione umana e la mancata supervisione del personale, l’istituzione creata come sistema chiuso senza possibilità di reclamo o di critica all’interno, la visione elitaria dell’istituzione con regole interne senza confronto dall’esterno, la sacralizzazione e l’idealizzazione del clero e dei religiosi, insieme a una netta distinzione tra clero e laici che impedisce ogni messa in discussione dell’autorità conferita con l’ordinazione o con la professione finale: sono tutti elementi che hanno contribuito, al di là degli elementi individuali legati alla persona abusante, a creare le condizioni per abusare. Ricordiamoci”, conclude il ragionamento, “che alla base di ogni abuso c’è l’abuso di potere”.

Ugolini, da anni impegnato in questo settore, descrive una realtà che conosce per esperienza diretta. Sa che la questione incontra forti ostilità. “Le resistenze più forti vanno da una negazione massiccia a una attribuzione a cause esterne, come la secolarizzazione, la rivoluzione sessuale e la diffusione della pornografia nei media. Esistono forti resistenze, a livello di gerarchia, ad accettare nelle proprie fila la realtà dell’abuso in tutte le sue forme”.

Quali sono gli ostacoli principali a un cambio di mentalità e di cultura? “Al centro del confronto con gli abusi”, ribadisce Gottrfried Ugolini, “sono il potere e l’autorità. Il potere può essere usato in modo costruttivo e distruttivo. È necessario rileggere i concetti di potere e rivedere l’uso del potere indipendentemente dalla gerarchia e dal potere divino”. “Potere e autorità si definiscono in processi di comunicazione, nel dialogo continuo che include la critica e una costante verifica”.

Altri ostacoli a un superamento dell’attuale situazione sono “la resistenza dei responsabili a prendere sul serio e in modo credibile la piaga dell’abuso e le sue conseguenze, sia per le persone vittime sia per tutta la Chiesa” e il clericalismo che “è un atteggiamento e un comportamento distorto, moralmente ed eticamente inaccettabile”, poiché “l’esaltazione del ruolo di chierico (ma vale altrettanto per i membri di istituti religiosi, responsabili di associazioni e movimenti, e anche per i laici) deforma la coscienza e annebbia la percezione della realtà. Nonostante le qualità e le abilità pastorali, educative e spirituali della persona, l’agire è incentrato sulla manipolazione”.

Proprio “la manipolazione ha l’effetto di proteggere e difendere se stessi e il proprio ruolo”. “Le forme estreme di clericalismo manifestano un atteggiamento di inattaccabilità e di arroganza”, con “l’idealizzazione del proprio ruolo” e “distorsioni cognitive per presentare cause e ragioni per difendere se stessi o per minimizzare la realtà degli abusi nella Chiesa”.

Non è raro che una vittima si senta rispondere: ci dispiace, questo ufficio non è competente per il suo caso. Ma un approccio intra e interdisciplinare, dice Ugolini, richiede innanzitutto un serio confronto con le scienze umane e sociali partendo dall’opzione “victims first”.

Serve allora un radicale cambio di prospettiva, senza il quale ogni progetto “victims first” è destinato a fallire, poiché oggi sono ancora proprio le vittime a non essere al centro dell’attenzione, a non essere riconosciute, oppure a essere ridotte a strumenti, usati dal sistema di potere che simula il cambiamento e l’ascolto, ma solo per garantire a se stesso una ormai improbabile sopravvivenza.

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