DOMENICA 27 NOVEMBRE 2022 – I DI AVVENTO – ANNO A
«Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina» (Rm13,11)
(Is 2,1-5; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44)
Il tema della vigilanza caratterizza ogni anno il tempo di avvento. Ogni anno ha però prospettive, punti di vista e accentuazioni diverse. L’evangelista Matteo e la lettera ai Romani ci mettono nella situazione psicologica e spirituale di chi attende un grande evento: il ritorno di Cristo alla fine della storia. Entrambi gli autori sottolineano la necessità di “tenersi pronti” perché l’evento è imprevedibile, ma anche di “essere coscienti” di quel che accade nella storia.
È esemplare il richiamo di Gesù alla vicenda dell’umanità primitiva descritta sostanzialmente come una umanità centrata sulla soddisfazione dei bisogni fondamentali: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo» (Mt 24,38-39).
Una situazione del genere diventa la metafora di una vita irresponsabile ed incosciente. Ai suoi discepoli Gesù chiede invece di “tenersi pronti” in ogni momento. Dobbiamo infatti essere pronti in ogni momento a presentarci davanti a Dio, a rispondere delle nostre scelte e delle nostre azioni. In questa prospettiva la tensione verso una vita umanamente responsabile e moralmente impegnata diventa un aiuto a saper leggere i segni dei tempi, ad accogliere il Signore che continuamente viene e in molti modi si presenta a noi nel corso della vita e della storia, a valorizzare il momento del nostro incontro con Lui.
L’apostolo Paolo sottolinea ulteriormente l’aspetto dell’essere svegli, sobri, in stato di coscienza, e approfondisce e sviluppa questo legame tra attesa ed impegno morale.
Da un lato c’è il modello di vita di coloro che non hanno alcuna speranza, di coloro cioè che non attendono il ritorno del Signore, né alcun compimento della storia, né una pienezza di vita per sé e per tutto il creato. Chi ha abbracciato questa prospettiva di vita tende ad addormentare la propria coscienza attraverso una frenetica soddisfazione dei propri bisogni, sempre alla ricerca di emozioni e di piacere per sopportare la fatica del vivere col vuoto dentro.
All’opposto sta il modello di vita dei credenti che cercano di tradurre in impegno esistenziale, attraverso adeguate scelte etiche, la carica interiore che deriva dalla speranza: «Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo» (Rm 13,13-14).
Davanti alle provocazioni che ci vengono offerte dalla Parola di Dio di questa prima domenica di avvento è lecito e doveroso che domandiamo a noi stessi: le nostre scelte di vita che cosa manifestano? Rivelano che siamo in attesa vigile e cosciente del ritorno del Signore o piuttosto che siamo ormai risucchiati nel vortice della frenesia inconcludente, incosciente e narcotica di chi è senza speranza?
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