Il vescovo Tisi al funerale: “La sua profezia diventi la profezia dell’intera Chiesa”. I suoi dialoghi con i bambini, il coraggio di operatore di pace a Sarajevo
Un servo dei poveri “da imitare”, non “da attardarsi ad ammirare”. Un testimone che “interpella tutta la nostra Chiesa” e incoraggia “a mettersi il grembiule e cominciare a servire”. Così il cappuccino padre Fabrizio Forti, il cui cuore generoso e instancabile si è fermato sabato notte per un infarto, è stato indicato alla Chiesa di Trento dall'arcivescovo Lauro in un Duomo gremito mercoledì 19 ottobre da tanti amici – gente comune, immigrati, ex detenuti, ospiti di “Casa Lamar” di Gardolo e della mensa di via della Cervara con i suoi volontari – e da tanti cembrani che lo hanno accompagnato anche con le robuste voci del coro.
“Spesso i poveri vengono chiamati senza fissa dimora, ma presso di loro ha dimora il Dio di Gesù Cristo” ha ricordato don Lauro, commentando le beatitudini del Vangelo e invitando la Chiesa di Trento a fare propria la lezione del cappuccino di Gardolo, “servo dei poveri”. “Più di una volta questo tuo figlio, cara Chiesa di Trento – ha scandito don Lauro – ti ha pungolato, ti ha invitato a muoverti, ti ha rivolto delle critiche. L’ha fatto perché ti voleva bene, ti amava e sentiva che non poteva fare a meno di te, non voleva andare dai poveri senza di te. Ora che è nella luce del Risorto, domandagli di chiedere per te al Padre di non essere permalosa! Lasciati scuotere dai profeti! Il tuo unico interesse sia il Regno di Dio e la sua giustizia!“.
Dopo aver sottolineato la sua presenza in carcere (ne parliamo nella pagina a fianco), il vescovo ha invitato a raccoglierne l'eredità (“Il Risorto susciterà altri profeti”) ed ha lanciato questa proposta: “Assumiamoci come comunità tutta la responsabilità di farci carico dei poveri, i suoi poveri anzitutto, e i carcerati del nostro Trentino. La profezia di padre Fabrizio diventi la profezia dell’intera Chiesa e dell’intera comunità trentina. Facciamoci carico, tutti insieme, della mensa e del carcere. Sarebbe il regalo più bello che possiamo fargli!”.
“Cara Chiesa di Trento – suggeriva ancora Tisi -, investi in misericordia: nessuna donna, nessun uomo siano per te estranei o stranieri, non ti è permesso chiudere le porte a nessuno. Ricordati che una sola è la condizione per essere libera: intrecciare le mani, contaminarti con le ferite e le piaghe dei tuoi fratelli. La tua voce non si alzi mai per condannare e giudicare. Non lasciarti mai rubare la speranza, sappi infondere coraggio e fiducia!”.
Al termine padre Roberto Genuin, provinciale dei cappuccini, ha ringraziato per questo intenso momento di comunione (dalla Terra Santa è arrivato il saluto del Custode padre Patton e da Gorizia dell'Arcivescovo che segue i cappellani ospedalieri), mentre due bambini delle scuole primarie hanno raccontato i loro incontri con padre Fabrizio, testimone dell'amore di Gesù. E ancora gli operatori del carcere e gli amici cembrani (vedi pagina a fianco), fino alle lacrime di un amico povero (“Ti dico solo grazie, gigante buono”!”) e a quelle dei volontari della mensa, frastornati ma decisi a proseguire: “’Aspetta un attimo, vengo subito…”, avresti dovuto dire”.
Infine, il frate operatore di pace nel 1982 assieme a don Tonino Bello e a don Albino Bizzotto, presente in Duomo, accompagna fino a Sarajevo assediata 15 pacifisti trentini, ma non entra in città con gli altri per fermarsi al posto di blocco come garante. “Era così Fabrizio – commentava Luigi Calzà – uomo capace di sognare e progettare grandi imprese e lasciare che fossero gli altri a realizzarle.” E in un’intervista per Avvenire nel 2009 ripeteva: “Come religiosi non dovrebbe preoccuparci l’essere visibili, ma il modo di essere. E’ quello poi che interroga le persone”.
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