Pace, disarmo, nonviolenza: il grido dei 100.000 a Roma per “Europe for Peace”

Roma, 5 novembre – “Vi dò una notizia”. Attimo di sospensione in piazza San Giovanni a Roma alle prime parole dell’ultimo intervento dal palco, quello del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Siamo più di cinquanta!”, in evidente polemica con il cosiddetto decreto anti-rave party varato dal governo Meloni. “Ma non siamo pericolosi”, aggiunge subito. In realtà, come è stato annunciato dal palco prima che tutti gli organizzatori si riunissero per cantare Bella Ciao sulla musica dei Modena City Ramblers, i partecipanti alla manifestazione nazionale per la pace promossa dalla coalizione Europe for Peace che hanno sfilato da piazza della Repubblica  sono stati oltre centomila (quarantamila secondo la Questura). Basti dire che  alle 14.30 quando già stavano iniziando gli interventi sul palco in Piazza San Giovanni con il logo arcobaleno e le scritte in inglese, russo e ucraino, il grosso del corteo non era ancora partito da piazza Esedra.

Francesca Giuliani di Sbilanciamoci! è stata la prima a parlare. A lei il compito di leggere  la piattaforma di Europe for Peace lanciata da oltre 600 associazioni italiane, laiche e cattoliche, che sulla stessa linea hanno anche organizzato in tutta la penisola le iniziative del 23 luglio e del fine settimana a cavallo tra il 21 e il 23 ottobre. Sono seguiti due video messaggi sul maxi schermo, inviati da Katrin (Katya) Cheshire – pacifista ucraina – e da Alexander Belik coordinatore del movimento dei disertori russi, rifugiato in Lettonia. Quindi, in rapida successione, una quindicina di oratori si sono alternati sul palco a rappresentare il vasto mondo associativo che si è mosso per consentire la riuscita dell’appuntamento nazionale.

Dopo la lettura della lettera del cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, ai manifestanti di Roma, quello di Raffaella Bolini dell’Arci che ha ricordato la sua esperienza nel movimento per la pace degli anni Ottanta  e chiudendo ha spronato i giovani ad essere più impegnati sul tema del disarmo, “senza il quale non ci può essere futuro neanche dal punto di vista sociale e climatico”.

Tra le testimonianze anche quella di Nicolas Marzolino, giovane vittima di un ordigno inesploso ed appartenente all’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra: “Io sono stato ferito da una bomba della Seconda Guerra Mondiale, che ho trovato nel mio campo. Per quanto tempo le bombe che vengono utilizzate continueranno a seminare morte? Inviare armi rende gli ucraini carne da cannone”.

Anche don Luigi Ciotti ha voluto riallacciarsi al grande movimento pacifista italiano di quarant’anni fa e lo ha fatto ricordando le parole di don Tonino Bello. “Nel 1982, profeta, disse di essere preoccupato di un’Europa sempre più cassa comune invece di casa comune, un’Europa sempre più di mercanti che di fratelli – ha detto Ciotti – e disse anche che bisogna essere malati di pace. Perché la malattia della pace è davvero una patologia che auguro a tutti e dalla quale non bisogna guarire, perché è la malattia che ci rende più umani”.

Don Ciotti ha invitato a diffidare “delle coscienze pacificate, sedute sulle loro certezze nell’incoscienza dei propri limiti”. E ha aggiunto: “Diffidiamo dei neutrali, troppi sono i neutrali nel nostro paese e diffidiamo dei più pericolosi che sono i mormoranti. Sono quelli che stanno sempre zitti, ma poi sono dissonanti che in altri luoghi giudicano, insultano e non fanno nulla. Le coscienze pacificate sono le madri dei conflitti”, ha detto ancora il fondatore del Gruppo Abele e di Libera. “La pace – ha ricordato – si costruisce col pensiero, si costruisce col linguaggio, si costruisce nelle pratiche: i veri pacifisti sono i costruttori di pace”, cioè, ha esemplificato, “i medici che curano, le Ong che salvano i migranti in mare, i religiosi e le religiose che portano nel mondo il Vangelo come pratica di vita, i portuali che rischiando il posto rifiutano di caricare i container di armi, insegnanti ed educatori che instillano nei giovani il desiderio di conoscenza”. Ha concluso il suo intervento rilanciando le proposte della Rete italiana pace e disarmo, che al Parlamento chiede il varo di una legge per l’istituzione di un Dipartimento per la difesa nonviolenta e l’opzione fiscale, la possibilità di destinare il 6 per mille dell’Irpef “per creare dignità, lavoro dignitoso e manifestare così la contrarietà alle spese militari”, secondo quanto propugna la campagna “Sei per la pace, sei per mille”, promossa dallo stesso don Ciotti con padre Alex Zanotelli e altri.

Molti hanno espresso un ringraziamento e un pensiero rivolto a Papa Francesco, ricordando i suoi discorsi costantemente rivolti a cercare di aprire varchi per la pace. Tra questi, Flavio Lotti della Tavola della Pace e dell’organizzazione delle marce Perugia-Assisi, e Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. “Noi non siamo neutrali – ha detto Riccardi –,  siamo schierati per la pace. E chiediamo il diritto a comporre i conflitti senza violenza”, ripetendo l’appello di papa Francesco al presidente della Federazione russa Putin, perché faccia uscire il suo popolo dalla spirale della guerra, e al presidente dell’Ucraina Zelensky perché sia aperto a serie proposte di pace. Dal palco di piazza San Giovanni Riccardi ha sollecitato “un nuovo investimento sulla diplomazia”, perché “solo il dialogo e la diplomazia ci daranno la pace, coinvolgendo le Nazioni Unite, gli Usa, l’Europa, che deve avere una sua politica di pace”.

La riflessione del presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia è stata incentrata sulla natura e la forza della guerra, che – ha detto – “sta tutta là, nel farci credere che sia l’unica possibilità, che sia la cosa razionale, giusta da fare”, mentre non si deve accettare questa logica aberrante che “tende ad allargarsi nei comportamenti, nei pensieri, nelle narrazioni”. “Il nostro grido è più forte del fragore delle bombe e sarà più forte se arriverà anche in altre piazze d’Europa”, è stato l’augurio finale del presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo.

Le richieste della piazza di “Europe for Peace”, il cessate il fuoco necessario per riaprire al dialogo e l’invito all’azione del Segretario generale dell’Onu Guterres perché si faccia protagonista convocando una Conferenza internazionale di pace, sono ritornate nelle parole di vari interventi. E così anche la richiesta che l’Italia torni a parlare dell’abolizione delle armi nucleari firmando il trattato TPNW, argomento centrale dell’intervento di Lisa Clark per la campagna “Italia Ripensaci” lanciata da Rete Pace e Disarmo. Così come la necessità di ridurre e non aumentare la spesa militare. “Perché – come hanno rimarcato Rossella Miccio di Emergency, Lisa Clark e Raffaella Bolini – l’antitesi della guerra è la parola cura” e anche la pandemia dovrebbe aver insegnato cosa significa, cosa serve al pianeta e alle persone.

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, a cui è spettato l’intervento conclusivo, ha voluto anche ribadire come sia  anche “inaccettabile che non si aiutino le persone che stanno sulle navi dove ci stanno anche tanti bambini”. “Noi siamo contro chi ha voluto la guerra, cioè Putin. Non possiamo però rassegnarci alla guerra, perché il rischio di un conflitto nucleare è concreto”, ha affermato Landini per chiarire una volta ancora il sostegno del popolo ucraino e rilanciando ancora una volta la richiesta che si avvii un negoziato, condivisa da tutta la piazza.

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