Ottobre chiama

Come essere missionari nella società attuale? Passata la croce di Lampedusa, resta la chiamata a continuare la nostra “contemplazione” nella vita

Ottobre ci chiama. La nostra terra chiama. La voce del tempo dice: “Missione è misericordia”. Ma come si può essere missionari nella società attuale, dove tale sogno e tale desiderio è stato “rinchiuso” da infiniti altri desideri?

1. CHINARSI VERSO L’ALTRO. “Il mondo ha sete di pace” (Assisi 2016). Allora, la chiamata è per tutti, sfida per allargare l’orizzonte della vita quotidiana, alla missione senza confine e senza barriere. L’assemblea diocesana di ieri ci stimolava a diventare “cristiani inquieti”. A non temere di vedere e toccare la realtà concreta. Ad Assisi: “I poveri spesso si siedono alle porte delle chiese. In realtà, essi non sono seduti davanti alla porta, ma sono loro la porta per arrivare a Dio, questo Dio che ci chiede sempre: “Dov’è tuo fratello?”.

2. COME “ALLARGARE” la missione nella nostra chiesa? Il disegnatore di mappe ci invita ad andare a vedere “cosa c’è di là dal monte”: la città che cambia, la disuguaglianza che cresce, la realtà del lavoro che assomiglia alla schiavitù, le nuove forme di sfruttamento estremo, la ferocia del web davanti al dolore delle persone, le risposte assenti per i diritti dei disabili, la solitudine degli anziani, l’inquinamento delle acque, il traffico sempre più invadente, l’aumento dei consumi e dei rifiuti, l’agricoltura chimica, gli allevamenti-lager, l’estinzione di specie vegetali. Dentro l’ottobre-missionario, noi tutti, ciascuno di noi, nella più completa disattenzione.

3. ”UN TEMPO PER RIALZARSI”. L’appello forte dell’assemblea diocesana: costruire e far nascere comunità fraterne. Il territorio che abitiamo non è un “bunker”, un luogo per fuggire dai “volti” differenti da noi. Passata la croce di Lampedusa, resta la chiamata a continuare la nostra “contemplazione” nella vita concreta e attuale.

4. SIAMO EREDI DELLA STORIA. È possibile dare nuovo ‘sprint’ all’esperienza missionaria nata al tempo del Concilio Vaticano II, noi tutti insieme, popolo di Dio. Saremmo capaci allora di ‘rispolverare e riattivare’ con nuove modalità creative, l’intuizione profetica di papa Eugenio e di papa Giovanni 23: la diocesanità missionaria, quando partirono migliaia di preti diocesani “fidei donum” (il dono della fede). E poi, l’entrata in missione di laici e di coppie “fidei donum”. “Oggi dovrebbe essere acquisito che missionarietà è la nota costitutiva della chiesa, alla quale essa, PER NATURA SUA MISSIONARIA (AG 2), non può rinunciare perche ne va della sua stessa identità. Come pure dovrebbe essere acquisito che la chiesa locale è SOGGETTO PRIMARIO di missionarietà, senza la quale anch’essa vedrebbe minacciata la propria identità.(D. Franco Marton).

5. CHI ISPIRA LA CHIAMATA? Ecco allora i Maestri della spiritualità missionaria per questi mesi:

CHIAMATI A SEGUIRE. “Chi segue Dio, vede Dio”(Gregorio di Nazianzo). Chiamati a “dare un calcio alla paura”. Specialmente ABITARE con occhi nuovi la nostra strada, la casa, il mondo della scuola. Vincere l’isolamento, cioè l’individualismo-bunker che la società ci propone/impone.

LA MISSIONE COME UNA PARAOLIMPIADE. “Siamo tutti come loro, i paraolimpici, anche quelli fra noi che si credono dei geni, viventi una vita superiore: abbiamo tutti degli handicap, fisici o psichici, e chi non li ha è perché li nasconde, mentendo. Fra Icardi e Zanardi, il modello che ci rappresenta è il secondo, non il primo”. (F.Camon). La sfida multipla della missione.

don Francesco Moser

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