Caccia, natura, ambiente: tutto il “Cristelli pensiero”

Val d’Ambiez: l’edicola sacra al cacciatore, opera del sacerdote scultore don Luciano Carnessali.

Ripropone gli scritti di don Vittorio Cristelli in tema di etica venatoria e di ecologia integrale il libro fresco di stampa “Sentinelle del Creato”, edito da Vita Trentina Editrice con il patrocinio dell’Associazione Cacciatori Trentini.

E non deve scandalizzare il titolo, perché il filo rosso che lega i diversi contributi di Cristelli – prete, giornalista (diresse questo settimanale dal 1967 al 1989), filosofo, formatore e cacciatore – è il costante richiamo alla figura del cacciatore come attento, informato, cosciente, responsabile gestore di un patrimonio la fauna e l’ambiente naturale che la ospita – che è di tutti, ma rispetto al quale l’uomo non è un alieno, un intruso (“come appare da certe posizioni ideologiche per le quali antropizzazione significa già di per se stessa inquinamento“), tutt’altro.

Invitato dal Creatore, ricorda Cristelli, a dare un nome ad ogni animale (“e questo per la mentalità ebraica significava ‘dominio’: un dominio di carattere conoscitivo”, che è cosa ben diversa dal sentirsi autorizzato a degradare, inquinare, depredare la natura), l’uomo è chiamato a instaurare con la natura un rapporto “di intelligente interpretazione e cura”, a farsi “giardiniere del mondo”. Sentinella, appunto. Con un’avvertenza: il giardiniere “è colui che cura sì il giardino e lo protegge, ma ne coglie anche i frutti”.

Anche ai cacciatori è consegnata questa responsabilità di custodia, rivendica Cristelli: “Ogni cacciatore intelligente – scrive – deve guardare con interesse e passione” alla gestione della montagna. E in più occasioni si rivolge anche “a chi la caccia la vorrebbe abolita”, con l’invito a ragionare “assieme”, sottolinea, sulle modalità di gestione della fauna.

Come riassume nella prefazione del libro Marco Zeni, Cristelli “considera necessario e doveroso il superamento di posizioni rigide e preconcette” e consolida con i suoi scritti “la visione della caccia come cultura con l’uomo al centro, intendendo per uomo non solo l’abitante della montagna o il cacciatore, ma anche la famiglia, la collettività locale”. Con una preoccupazione costante: va bene difendersi “da pregiudizi ideologici” nei confronti della caccia e dei cacciatori, ma più importante è “gestire bene e farlo sapere”. Questo libro va in questa direzione.

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