Che sensazione strana nel rispondere all’invito di Vita Trentina! Per la prima volta nella mia vita mi trovo a pensare “da missionario” alla Giornata mondiale nel cuore di questo mese di ottobre. Per la prima volta almeno per “mandato ufficiale”, insieme alla mia famiglia.
In verità, spero di essere stato missionario anche durante le altre precedenti esperienze in zone di guerra o in situazioni di povertà con “Operazione Colomba”.
Alla vigilia della Giornata missionaria mi vengono principalmente due riflessioni che sono contento di condividere con i lettori del settimanale della Diocesi che ci ha inviato.
Ho maturato l’idea – soprattutto da quando un anno fa sono arrivato qui in America Latina con i miei figli e la mia famiglia – che il ruolo del missionario non possa essere più inteso solamente come quello di una persona che un giorno decide di partire alla volta di Paesi lontani. Tanto più oggi, in questo clima segnato dalla “guerra mondiale a pezzi”, penso che debba essere percepito come un missionario chiunque riesce con la sua vita a portare un messaggio, a esprimere la missione del Vangelo.
Guardando anche solo al tema cruciale della pace, conosco molti missionari che vivono e operano restando in Italia in questo momento. Sono missionari perché stanno portando avanti azioni di pace in questi mesi che registrano troppi movimenti di guerra.
Penso poi anche a molta gente che lavora in Europa nell’accoglienza dei migranti o dei rifugiati che scappano dai loro Paesi per diversi motivi: sono più missionari di me che sto qui a Valdivia in un posto relativamente “comodo”.
Forse il senso stesso della missionarietà è cambiato, va considerato in modo ancora più universale: siamo davvero tutti chiamati a essere missionari, a portare un messaggio forte di pace, riconciliazione, solidarietà negli ambienti in cui ci troviamo o scegliamo di vivere. Sono questi valori sempre più necessari nelle nostre società, soprattutto dopo quanto è stato provocato anche sul piano delle relazioni e delle condizioni di vita a seguito della pandemia.
La seconda riflessione che mi viene da questo particolare punto di osservazione è il fatto che sono un missionario “privilegiato”, in missione con la famiglia. In questa realtà infatti mi sembra che si possano vedere le cose in modo molto più chiaro.
La nostra esperienza in condivisione con gli indigeni Mapuche qui in Cile è un’esperienza che insegna molto. Ogni giorno infatti sono portato a confrontarmi con il tema ambientale: lo devo fare senza tanti compromessi e senza tante cortine che spesso le imprese economiche, la comunicazione di massa ma anche noi stessi ci mettiamo davanti agli occhi.
Il tema ambientale si presenta con molta evidenza ad un missionario “trentino” che cerca soltanto di di star vicino alla lotta dei Mapuche per i loro diritti, la loro terra e la loro esistenza: mi impegna a conoscere questa lotta dal punto di vista dell’enciclica di papa Francesco Laudato si’, interpretata però in maniera radicale. Dove radicale non ha un significato negativo, ma positivo. Credo in generale che il tema ambientale (che comprende “il grido della terra e il grido dei poveri”) vada affrontato con radicalità perché vedo che gli stessi Mapuche sono pronti a rischiare la loro sicurezza, la loro libertà e in alcuni casi anche la loro vita per proteggere l’ambiente, il territorio, la natura e lo spirito che vi risiede. In questo io li sento molto profetici; i Mapuche mi insegnano quotidianamente molto.
Anche se provengo da un territorio che si vanta di essere verde e pulito come il Trentino, ma che in realtà ha subito per colpa nostra anche tanta distruzione, sacrificando le nostre risorse naturali al dio del turismo e del denaro.
Ecco perché – lo ripeto in conclusione – considero il fatto di essere missionario qui in Cile ora come un privilegio, perché mi rende più chiara tutta questa prospettiva della Laudato si’. Spero solo che anche nel futuro, al mio ritorno con la famiglia in Trentino, essa possa rimanere altrettanto chiara.
Fabrizio Bettini è missionario in Cile con la famiglia, volontario di “Operazione Colomba” per la Comunità Papa Giovanni XXIII
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