Il tono della voce è affabile, benché tradisca l’emozione di chi ha appena appreso una notizia attesa da tanto tempo. Uno stato d’animo comprensibile: l’annuncio della beatificazione di un fratello non può che invadere il cuore di gioia. “Sono frastornata – confida Lucia Borzaga ai microfoni di Trentin InBlu – temevo di non poter arrivare a vedere riconosciuto quanto la pur breve vita di Mario fosse stata straordinaria. Ora Dio mi ha concesso questo dono”. E’ commossa la sorella di padre Mario, l’unica di quattro fratelli ancora in vita. “Sono felice per Mario e per il suo catechista laotiano Paolo – prosegue – ma soprattutto felice per la Chiesa del Laos, da sempre martire silenziosa e lontana dai riflettori, in un Paese dove ancora oggi ci sono limiti evidenti alla pratica del culto e alla libertà religiosa”. Se poi potesse condividere questo momento con i fratelli, Emilio e Fabio…. “Avremmo da ricordare insieme gli episodi dell’ infanzia e della giovinezza vissuti con Mario – ammette con nostalgia – le escursioni in montagna, i pomeriggi a giocare a pallone, il suo amore per la musica e la poesia”. Era uno dei tanti ragazzi del rione Bolghera padre Mario, esuberante, spiritoso e creativo. “La passione per il ciclismo gli costò la bocciatura in quinta ginnasio all’esame di greco – racconta sorridendo Lucia –. Lo stesso giorno il Giro d’Italia faceva tappa sul Bondone, così fece l’esame in fretta pur di di non perdersi Coppi e Bartali. In seguito passò l’esame, studiando poco in verità ‘Lo so già il greco‘ si giustificava con mio padre che lo pungolava allo studio. Superata la prova un bel giorno trovammo il libro di versioni che sventolava sopra il camino!”.
Alle ore di studio si alternavano anche ore di lavoro manuale. “Per il quale a dire il vero mio fratello era proprio negato – precisa quasi a volerlo prenderlo ancora in giro – preferiva suonare il pianoforte e scrivere. E pensare che poi in Laos si è messo perfino a costruire le capanne con le canne di bambù…forse anche questa è una virtù eroica”. Dalla formazione al sacerdozio in Seminario, già all’età di 11 anni, all’entrata tra i Missionari Oblati di Maria Immacolata fino alla partenza per il Laos, a 25 anni. “Ho visto nascere e crescere la vocazione di Mario fin da bambino era innamorato di Gesù, lo ha scelto come amico e ha proseguito mano nella mano con Lui anche nei momenti oscuri e difficili della missione, resa più ardua dalla guerriglia comunista”.
In Seminario ad infondere in lui il grande amore per Gesù fu la figura indimenticabile per tanti trentini del padre spirituale don Eugenio Bernardi. “Lo stimava molto – aggiunge – tanto che dopo aver saputo della sua morte, proprio dalle pagine di Vita trentina, nel suo Diario scrive ‘è l’unico santo che ho incontrato nella mia vita‘”. Ed è dalle pagine de “Il diario di un uomo felice” che annota quattro anni prima della sua morte: «Ho capito la mia vocazione: essere un uomo felice pur nello sforzo di identificarmi col Cristo Crocifisso». E’ il mistero del dolore. Tra le righe del Diario traspare tutta la ricchezza spirituale di padre Mario, che non nasconde la durezza della vita missionaria: la fatica della solitudine, la fame, le insidie della foresta, la paura dei guerriglieri pathet lao.
A volte confessa di essere «assalito dalla paura di morire, di impazzire, di essere abbandonato da Dio». “Ma il suo amore per il grande Amico non è mai venuto meno – osserva Lucia Borzaga – è sempre rimasto accanto agli ammalati, tra la sua gente, adoperandosi per formare catechisti. Era un contemplativo dell’umanità di Gesù che ritrovava nei fratelli, nei poveri. Si prendeva cura del prossimo con piccoli gesti, un sorriso, una stretta di mano. Era lì che sentiva la volontà di Dio”. E’ questo il testamento spirituale che ci lascia in eredità. “Uno stile di vita cristiana animata dalla preghiera e dall’amore gratuito per il prossimo. La sua santità è sì eroica – sottolinea – ma imitabile. Quindi non parliamo di una figura mistica, meglio di un santo senza aureola, di una tensione all’amore che si può imitare”.
I ricordi portano al martirio del 25 aprile 1960. “Con la famiglia c’era una corrispondenza epistolare mensile. In quel periodo le sue lettere tardavano – racconta – tanto che la mamma lo rimproverò. Lui, allora, motivò la mancanza per i troppi impegni in missione con la promessa che la prossima sarebbe stata una lettera lunga come un treno”. Quella lettera, purtroppo, non arrivò mai. “Abbiamo appreso la notizia della loro scomparsa dalla radio, confermata poi dall’agenzia Ansa e dal provinciale degli Oblati. Dispersi. Si pensava fossero stati fatti prigionieri, la mamma nel suo cuore ha sempre sperato in un ritorno. I loro corpi – prosegue – non sono mai stati trovati. Solo dopo 40 anni arriveranno le prime testimonianze, che confermano l’uccisione di entrambi per mano del Pathet Lao, gettati in una fossa mai identificata con precisione”. Le testimonianze hanno poi permesso l‟inizio della Causa di Canonizzazione.
Oggi la missione del martire trentino, interrotta così tragicamente, sul piano umano continua a vivere attraverso una serie di iniziative animate dall’Associazione “Amici di padre Mario”. “Un sostegno particolare lo dedichiamo al Seminario in Laos – spiega – dove, sono felice di annunciare, proprio nei prossimi giorni, il 16 settembre, saranno ordinati tre sacerdoti della diocesi di padre Mario, Luang Prabang”. A sostegno dei loro coetanei in Laos si spendono anche i bambini e gli adolescenti della parrocchia di Sant’Antonio. “Donano un regalo ricevuto per la Comunione e la Cresima. Quest’anno, ad esempio, i più piccoli hanno condiviso ‘il tempo’ preparando dolci con l’aiuto delle loro mamme. Hanno raccolto 1720 euro utili per comprare libri, quaderni, matite, palloni. Con questi piccoli gesti passa il messaggio autentico del dono e della condivisione”.
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