È un viaggio in 18 tappe che parte dalla chiesa di Sant’Apollinare e si conclude a Palazzo Geremia quello tracciato dalla penna di Lucia Oss, “trentina da generazioni”, come si definisce, e insegnante di italiano agli adulti stranieri da più di un decennio dopo una lunga carriera passata tra i banchi della scuola primaria.
In “Voci di pietra sulle ali del vento. Storie insolite di Trento”, uscito poche settimane fa, Oss parte da alcuni aneddoti legati a luoghi importanti di Trento per trasformarli, attraverso le ali della fantasia, in storie che si propongono di accompagnare chi visita la città. Un viaggio che si può percorrere a piedi, attraverso l’aiuto della mappa che apre il libro, ma anche solo con l’immaginazione, gustandosi ogni racconto.
Il secondo capitolo narra la storia del Nettuno di Trento. Il dio del mare arriva nella città di montagna poco dopo la costruzione della fontana di Piazza Duomo, attorno al 1768, e si accorge che i suoi sudditi – i pesci che circondano la fontana – stanno boccheggiando per la mancanza d’acqua. Arrivato in cima alla fontana grazie all’aiuto del delfino, che lo spinge a colpi di coda, Nettuno s’addormenta, ma la mattina seguente riesce a compiere il miracolo: far sgorgare dalla fontana l’acqua necessaria a dare sostentamento ai pesci.
Accompagnati dalle illustrazioni dell’artista trentino Valerio Oss della Pixel Cartoon, che ha lavorato rielaborando le fotografie eseguite da Lucia, i lettori scopriranno cosa si stanno raccontando il serpente messicano dei giardini di Piazza Dante e il dromedario della stele dell’ingegner Luigi Negrelli, ma anche perché, al calar della sera, le bocche delle teste che spuntano da Palazzo Ranzi, in Piazza Santa Maria, cominciano a muoversi.
Il libro è disponibile su Amazon o chiedendo informazioni direttamente all’autrice sulla sua pagina Facebook. “Voci di pietra sulle ali del vento” è un atto d’amore verso la città di Trento, come scrive l’autrice nell’introduzione del libro, dicendo che “Trento è la mia culla” ma anche “la culla di molte civiltà, fin dai secoli più remoti”: dai popoli primitivi ai Reti, fino ad arrivare ai Romani e ai barbari e al lustro della “città del Concilio”.
L’ultimo racconto parla del cavallo Bell e dell’aquila Armida, e s’ispira a un affresco di Palazzo Geremia. “Racconta di pietre, è vero, di arte e di storia ma parla soprattutto di occhi”, precisa l’autrice in calce al libro. “Occhi che guardano le cose in maniera differente” ed “aperti alla Bellezza che ci circonda e che talvolta sfioriamo senza neppure accorgercene”. Di qui l’invito dell’autrice a osservare Trento con attenzione e con un pizzico di magia. “La nostra città ha bisogno di questi occhi. Ha bisogno anche dei tuoi occhi”, scrive.
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