Don Marco Saiani, da pochi mesi vicario generale, commenta i criteri con i quali si valutano gli avvicendamenti pastoralo
“Dietro ad ogni avvicendamento pastorale, oggi deve esserci un pensiero sul futuro, che è sempre più ravvicinato se pensiamo alla diminuzione delle risorse umane della nostra Chiesa”. In poche settimane don Marco Saiani, classe 1955, ha dovuto allargare la sua visione di parroco (era a Gardolo dal 2002, anche se è stato anche presidente nazionale di Noi Oratori) a quella di vicario generale della diocesi. “Nel mio percorso di queste settimane ritrovo lo sforzo non facile che tutte le comunità sono chiamate a fare – commenta, a margine dei primi avvicendamenti dei preti – per passare dalla prospettiva ristretta del proprio cammino a quella di una Chiesa locale che non avrà risorse infinite”.
Don Marco si trova ogni lunedì pomeriggio col vescovo Lauro nel Consiglio presbiterale a condividere scelte pastorali
“Ci viene richiesto come Chiesa uno sguardo duplice – riflette don Mario – per chi pensa i nuovi incarichi è importante una progettualità di lungo periodo. Dobbiamo soppesare le risorse umane, le caratteristiche delle persone, ma anche cogliere il volto di ogni comunità e la sua coesione dal punto vista sociale e culturale. In certe realtà è facile fare del decanato una parrocchia, in altre meno. L'altro sguardo è quello richiesto ai fedeli: non poter contare sulla presenza rassicurante di un prete deve essere avvertito non come un'occasione per ritirarsi ma come un invito a chiedersi: cosa posso fare di più, cosa significa oggi per me vivere la comunità”.
E si torna all'esigenza di una consapevolezza nuova: ispirato dalla fiducia e dalla speranza don Marco trae il positivo proprio dalla sua esperienza a Gardolo, un contesto difficile con oltre 76 nazionalità rappresentate. “Ci sono molte sfide sociali che sono anche sfide pastorali. In questi anni proprio a Gardolo ho visto come la comunità cristiana è considerata collaboratrice preziosa e importante. Dentro il polo sociale, nelle scuole e nell'associazionismo ho avvertito la richiesta di un appoggio da parte dei gruppi e dei volontari della parrocchia e il desiderio di lavorare insieme: come Chiesa non dobbiamo tirarci indietro, cogliendo invece in queste collaborazioni anche la possibilità di vivere in modo genuino il Vangelo e il suo servizio alle persone nella difficoltà di oggi”.
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