11 settembre 2022 – Domenica XXIV del tempo ordinario C
Es 32,7-11.13-14; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32
«Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io». 1 Tm 15
Raccontano i “Fioretti” che un giorno frate Masseo chiese per tre volte a san Francesco: «Perché a te tutto il mondo vien dietro?» E la risposta di Francesco fu: «Vuoi sapere perché a me tutto il mondo mi venga dietro? Questo io ho da quelli occhi dello altissimo Iddio, li quali in ogni luogo contemplano i buoni e li rei: imperciò che quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me» (Fioretti X: FF 1838).
Le letture di questa domenica ci portano a riflettere proprio sul tema della divina misericordia che non si scoraggia di fronte al peccato umano e si manifesta in molti modi: come misericordia nei confronti di un popolo e nei confronti dei singoli, misericordia come atteggiamento da assimilare e da esprimere nella nostra vita.
Tutta la storia d’Israele è storia esemplare della misericordia di Dio. Su questo ci vuol far riflettere la prima lettura, che presenta il dialogo tra Mosè e il Signore in modo tale da drammatizzare ed esemplificare l’atteggiamento di Dio verso il popolo peccatore: nonostante l’ostinata abitudine del popolo a peccare, Dio non distrugge il popolo ma si lascia commuovere dalla preghiera di Mosè che intercede in suo favore. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Mosè, il Dio che ha liberato Israele è il misericordioso, è colui che si mantiene fedele nell’amore nonostante l’infedeltà del suo popolo. Noi apparteniamo ad un popolo al quale Dio ha usato misericordia!
La seconda lettura contiene una confessione autobiografica dell’apostolo Paolo, peraltro molto simile a quella di san Francesco narrata dai “Fioretti”. Paolo riconosce e confessa di aver sperimentato in modo personale la misericordia di Dio. Infatti dopo aver enunciato la verità che Gesù è nato, è morto ed è risorto per salvare ogni uomo, Paolo afferma che anche la sua vita ha un carattere esemplare: «Appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna» (1Tm 1,16).
La confessione di Paolo e di Francesco dovrebbe diventare confessione personale di ciascuno di noi: anche noi siamo stati perdonati personalmente e dovremmo testimoniare quanto la misericordia di Dio sia efficace nella nostra vita e nella nostra persona.
Il vangelo narra le parabole della misericordia: la pecorella smarrita e ritrovata, la moneta perduta e ritrovata, il padre misericordioso e i due figli. Per prima cosa, queste parabole, ci fanno comprendere che il cuore di Dio è misericordioso: Dio ci viene a cercare e ci perdona, non perché noi lo meritiamo, ma perché lui è buono. In secondo luogo queste tre parabole ci invitano esplicitamente a gioire con Dio per ogni uomo e per ogni donna che ritorna a lui e che si riconcilia con lui; ci invitano a fare nostro l’atteggiamento misericordioso di Dio anziché inorgoglirci di una vita religiosamente e moralmente impegnata. Questo atteggiamento ha risvolti in famiglia, nelle relazioni interpersonali e nella vita delle comunità cristiane. Come ci ricordano le prime due parabole: «vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» (cfr Lc 15,7.10). E nella terza parabola il perdono diventa vera esperienza di risurrezione, che permette di cominciare a comprendere contemporaneamente che Dio è Padre, che noi siamo figli e figlie e che gli altri sono fratelli e sorelle. È proprio attraverso questa parabola che ci viene rivelato il volto autentico di Dio Padre “ricco in misericordia”, il nostro volto filiale e il volto fraterno di ogni altra persona.
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