La promessa del vescovo: “Ogni Natale e Pasqua sarò con voi”. E ai cantori della stella: “È tipico di chi ama lavorare perché gli altri siano più grandi di lui”
Dio pone la sua tenda tra noi. Accampiamoci con ammalati, disoccupati, carcerati. È l'immagine di un Dio “che vaga”, un Dio “sotto una tenda”, quella che in questo Natale ha preso forma nelle parole dell'arcivescovo Lauro Tisi. In questo tempo carico di “angoscia, incertezza e insicurezza”, questo Dio non ci offre affermazioni lapidarie e soluzioni definitive, nello stile di chi argomenta in modo semplicistico, senza tenere conto della complessità; il Dio che frequenta le tende “ci offre una vita che si alimenta di domande, valorizza la fatica, non si scandalizza del limite. La risposta alla vita è camminare, non tagliare traguardi”.
Il messaggio dell'Arcivescovo durante l'omelia del solenne pontificale di Natale, in cattedrale, è stato ancora più esplicito: si tratta, nel concreto, di “avere il coraggio di non restare in attesa, ma di prendere dimora accanto a chi fa fatica”, perché “l’annuncio del Verbo fatto carne non si trasmette con strategie comunicative, ma solo nella concretezza dei gesti”. “Chi ama, vaga. Consegna la propria agenda al bisogno dell’altro. Si lascia dettare il passo da chi cammina al suo fianco”. “In questo Natale – ha proseguito l'Arcivescovo – vorrei suggerire, tra le tante emergenze, la necessità di 'accamparci' accanto agli ammalati, a chi non ha più lavoro o rischia di perderlo, a quanti sono privati della libertà personale, come le nostre sorelle e i nostri fratelli del carcere”.
E proprio con i detenuti della Casa circondariale di Trento, a Spini di Gardolo, nel giorno della Vigilia mons. Tisi ha celebrato due Messe (per permettere a tutti i detenuti di partecipare alla funzione). In questa occasione, l'Arcivescovo ha presentato il nuovo cappellano, padre Stefano Zuin, e ha conferito i sacramenti della Prima Comunione e della Cresima a uno dei detenuti. “Per me è un privilegio essere qui – ha detto -, dove incontro la carne di Cristo. Natale porta quella libertà che nessuna sbarra riesce a fermare: la possibilità di farsi prossimo. Anche qui, nel carcere, dove si intrecciano vite, sofferenze e mondi diversi c'è il miracolo della solidarietà”. Il messaggio di speranza e vicinanza che l'Arcivescovo ha portato in carcere, si è concretizzato nell'impegno ad essere accanto ai detenuti in tutte le prossime celebrazioni del Natale e della Pasqua.
Ai 400 “cantori della stella”, riuniti in cattedrale il 27 dicembre, l'arcivescovo Lauro ha parlato di un Dio “da creatore del mondo a costruttore di porte”. “Gesù ha lasciato che suo padre, il falegname Giuseppe, gli insegnasse a fare porte. Perché è tipico di chi ama lavorare perché gli altri siano più grandi di lui. Andate e raccontatelo alle nostre comunità e alle nostre famiglie”. Questo il mandato consegnato ai “cantori”: bambini e ragazzi da tutto il Trentino, vestiti da magi e pastori, pronti a rivivere la tradizione dell’annuncio del Natale nelle vallate trentine, di casa in casa, portando canti e poesie. Nella sua breve riflessione, il vescovo ha aggiunto: “Gesù montava solo porte anti-panico, quelle che si aprono verso l’esterno, come le uscite di sicurezza. Vi invito a diventare montatori di porte anti-panico. Se si aprono all’esterno siamo salvi. Apritevi e sarete felici!”.
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