L’amore mai banale di suor Luisa Dell’Orto, nel ricordo di Federico Uez

“L’amore che manifestava non era mai banale, metteva dignità e perfezione in tutto ciò che faceva, anche se lo faceva per gli ultimi della terra, nell’ultimo posto del Mondo, in una baraccopoli in cui la gente aveva a malapena un pasto al giorno, nella miseria più totale”. Così Federico Uez racconta suor Luisa Dell’Orto, Piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, assassinata per mano criminale ad Haiti lo scorso sabato 25 giugno. Federico suor Luisa l’ha conosciuta bene, partito da Trento nel 2016 per un anno di servizio civile internazionale con la Caritas ambrosiana di Milano, ha lavorato a fianco della missionaria lombarda nella gestione del centro di Kay Chal, un luogo nato dopo il terremoto del 2010 che ha distrutto Haiti, come posto per far studiare i ragazzi.

Federico Uez, chi era suor Luisa?
In questi giorni si è scritto tanto su di lei, ma l’immagine di “angelo dei bambini” che è stata data è quasi riduttiva. Tanto di ciò che faceva non è stato raccontato. Suor Luisa era un’insegnante di filosofia, perché tutte le Piccole sorelle lavorano, e la loro testimonianza del Vangelo avviene nella quotidianità, nello stare con le persone, in punta di piedi. Era una persona raffinatissima, di grande intelligenza, capacità e competenze. Era un capo esigente, perché bisognava fare le cose e farle al meglio possibile, nonostante il contesto. Si chiamava come mia mamma e per me quell’anno ad Haiti è stata come una madre, ed è stato un onore vivere con lei.

Suor Luisa Dell’Orto assieme a Federico Uez e alla collega Silvia

Com’era il lavoro al centro?
Port-au-Prince è una città enorme, dove c’è una sovrappopolazione pazzesca, e Kay Chal si trova in uno dei quartieri più poveri, una baraccopoli davvero tosta. La sua giornata consisteva nell’insegnare e andare al centro, dove c’è sempre stata una staffetta di volontari legati alla Caritas a dare una mano. Lei si occupava di sostenere i progetti scolastici dei ragazzi, coordinare il centro, insegnare a scuola. Dormiva 3-4 ore per notte, era sempre operativa.

Che reazione hai avuto alla notizia?
Mi ha chiamato Silvia, la mia compagna di servizio civile. È assurdo. Anche se lei stessa sapeva che stando lì correva dei pericoli, la sua uccisione ha sconvolto tutti, in primo luogo i volontari che lavorano al suo fianco. Ci hanno chiamati in lacrime, tutti distrutti e completamente scoraggiati, anche rispetto al futuro di Haiti, che dopo l’assassinio del presidente e i vari attentati alle istituzioni sta vivendo un periodo complicatissimo.

Suor Luisa lascia un grande vuoto, e una grande eredità…
Ha dato così tanto ad un posto, in un contesto davvero duro, con la sua povertà, i bambini che ogni giorno arrivavano al centro piangendo perché non avevano mangiato. Luisa è riuscita a inserirsi in una maniera unica, come insegnava Charles de Foucauld, che ispirava la sua missione, e morendo di fatto come lui. Ha lasciato un segno: ad Haiti il suo centro è riconosciuto come una cosa bella in un luogo dove non ci sono opportunità. Ha dato un senso alla vita di tantissime persone, molti ragazzi che escono da scuola e vanno a Kay Chal, dove danno una mano e organizzano attività. Lì ha portato agli animatori la voglia di spendersi con gratuità, per fare del bene al prossimo senza avere niente in cambio.

Un’immagine della marcia pacifica tenutasi ieri a Port-au-Prince a memoria di suor Luisa Dell’Orto e contro la violenza nel Paese

E adesso cosa succederà a Kay Chal?
È importante che ciò che ha fatto resti, c’era tutto un quartiere che faceva affidamento su di lei: quando eravamo a casa ogni minuto suonava il campanello, e lei rispondeva e ascoltava, trovava il tempo per tutti, con un occhio di riguardo per i bambini, i cosiddetti restavek, bambini schiavi provenienti da famiglie della provincia che non riescono a mantenerli. Suor Luisa sosteneva questa fascia di popolazione con l’aiuto di persone della baraccopoli stessa, un circolo in grado di autoalimentarsi che sarebbe durato e che ora deve sopravvivere.

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