Sul palco del teatro di Cembra, sabato 21, la lezione civile del giudice Borsellino

Sabato 21 maggio al teatro di Cembra alle 21 è in programma un interessante incontro con lo spettacolo di impegno civile. Giacomo Rossetto sarà interprete del suo lavoro “Borsellino”.

Il giudice Paolo Borsellino, assassinato da cosa nostra assieme a cinque agenti della sua scorta nella strage di via d’Amelio, è considerato uno dei personaggi più importanti e prestigiosi nella lotta contro la mafia, insieme al collega e amico Giovanni Falcone.

Sono passati 30 anni da quel 19 luglio, giorno della strage.

Nello spettacolo si racconta la vita del magistrato Borsellino attraverso la descrizione dell’uomo Paolo, un uomo tutto d’un pezzo, un uomo che non accetta compromessi, un uomo dal forte rigore morale, un uomo semplice diventato eroe, il cui lavoro però non è ancora finito.

Dopo la morte dell’amico e collega Giovanni Falcone, il coraggio è ciò che spinge, nonostante la paura, il giudice Paolo Borsellino a compiere fino in fondo il proprio dovere. Di magistrato e di uomo, perché pubblico e privato si contaminano sempre nella sua vita: i pensieri del giudice si rispecchiano in quelli dell’uomo e viceversa.

All’inizio dello spettacolo le immagini dei tg del tempo con le strazianti immagini della strage di Capaci: da lì, a ritroso, dall’ingresso in magistratura all’amicizia con Falcone, alla nascita del pool antimafia e al maxiprocesso degli anni Ottanta. Un racconto che fa emergere anche le fragilità dell’uomo Borsellino e che non si presenta pertanto come un’agiografia. Un esempio di teatro civile nel quale i rapporti tra magistratura e politica sono tracciati con realismo e distacco emotivo, parlando anche dei contatti avuti da Borsellino da diversi partiti per una sua candidatura al parlamento. Contatti che non hanno mai portato ad una discesa in campo politica del giudice che, fino alla fine, ha voluto restare fedele al suo impegno professionale. Nello spettacolo si raccontano anche i successi nella lotta alla criminalità organizzata, l’euforia del gruppo di magistrati guidati da Antonio Caponnetto e l’invidia di una certa Sicilia “perbene”. Si ricordano la lapidaria definizione di Leonardo Sciascia che liquida Borsellino come “professionista dell’antimafia” e i dissidi con il sindaco di Palermo Leoluca Orlando sulle modalità operative della magistratura.

È una storia di parole, fatti, speranze, delusioni, numeri. Numeri che raccontano i kg di tritolo. Numeri che raccontano i mafiosi condannati. Numeri che raccontano gli amici persi. Numeri che sono grandi o piccoli, ma sempre importanti.

Un’ora e un quarto ad alta intensità per commemorare gli anni del pool antimafia di Palermo e rileggere, a un trentennio di distanza, due pagine cupe della storia repubblicana, le stragi di Capaci e via D’Amelio.

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