“Ogni vita è sacra, abolite la pena di morte”

Una netta e decisa presa di posizione, che sta dentro la storia e il magistero della Chiesa

“Ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini”. La convinzione che è nostra responsabilità “proteggere e difendere la vita umana in ogni fase del suo sviluppo”, ha spiegato Papa Francesco ai membri del Congresso americano, lo ha portato, fin dall’inizio del suo ministero, “a sostenere a vari livelli l’abolizione globale della pena di morte” e ad appoggiare l’appello in tal senso dei vescovi degli Stati Uniti. “Il Papa ha ricordato a tutti la crudele e inutile vendetta rappresentata da uno strumento giuridico che non rende giustizia”, ha rimarcato la Comunità di Sant’Egidio. E ha indicato “a tutti gli Stati la necessità di legislazioni che siano all‘altezza di società inclusive, in cui scompaiano i ghetti, i muri che dividono gli uomini”.

I cristiani, fino alla svolta costantiniana, furono gli assertori del rifiuto totale della pena di morte, come di ogni altra forma di uccisione: la militanza nell’esercito, i giochi gladiatori, ecc. Questo proprio in osservanza della prospettiva evangelica di perdono e non violenza.

Tale posizione comincia a indebolirsi e ad ammettere dei casi di pena di morte con l’epoca costantiniana, quando anche teologi del calibro di S. Ambrogio e S. Agostino, pur essendo fondamentalmente contrari alla pena di morte, ne accettano talvolta la pratica da parte dello Stato, anche contro gli eretici. Da questo momento la Chiesa svilupperà una posizione di accettazione, prima di fatto, e poi anche di giustificazione morale, della pena di morte.

Per trovare dei segnali di cambiamento nel Magistero cattolico dobbiamo arrivare a Pio XII che riformula la posizione tradizionale in forma negativa: non si può impedire allo Stato che intervenga anche in questa forma.

Prese di posizione più decise furono invece assunte da alcuni episcopati, quello statunitense nel 1974 e 1981 e singoli vescovi in Italia nel 1981 per scongiurare il referendum di introduzione della pena di morte nel nostro Paese.

Il Magistero Pontificio ancora negli anni ’90 del secolo scorso non giunge ad un formale rifiuto della liceità della pena di morte. Tuttavia si giunge ad una sua esclusione pratica con le affermazioni di Giovanni Paolo II nella “Evangelium vitae” (1995). Egli affermava infatti che “oggi però, a seguito dell’organizzazione sempre più adeguata dell’istituzione penale, questi casi (di necessità della pena di morte) sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” (EV n.56).

Affermazioni più nette e decisive sono quelle dell’attuale papa Francesco.

Scrivendo al “Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte” (20 marzo 2015) affermava: “Oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato. È un’offesa all’inviolabilità della vita e alla dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo e sulla società e la sua giustizia misericordiosa, e impedisce di conformarsi a qualsiasi finalità giusta delle pene. Non rende giustizia alle vittime, ma fomenta la vendetta”.

I motivi dunque che stanno alla base di questa posizione più aderente al Vangelo sono a loro volta schiettamente evangelici: inviolabilità della vita, e dignità della persona, anche del colpevole, misericordia. Tale prospettiva si inserisce in una decisa sottolineatura della funzione redentiva della pena e della sua finalità riabilitativa e di reinserimento sociale. Se questa è la direzione e la finalità della pena, cadono tutti i motivi tradizionali della pena di morte. La difesa assoluta della vita, così forte e chiara nel Magistero cattolico per quanto riguarda l’inizio e la fine, trova in queste posizioni sulla pena di morte maggior coerenza e solidità.

fra Giovanni Patton

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