L'esperienza di un gruppo di giovani trentini sulle orme del beato Frassati, da Arco a San Romedio. 100 chilometri di cammino, riflessione e comunità
"Ora vado sulla mia strada con l'amore tuo che mi guida, o Signore, ovunque io vada, resta accanto a me". Le voci risuonano gioiose all'interno della piccola chiesetta del santuario di San Romedio durante la celebrazione dell'Assunzione di Maria. Sono quelle di un gruppo di giovani trentini che ha accolto la proposta della Pastorale giovanile dei decanati di Trento e Mezzolombardo (dopo l'esperienza positiva dello scorso anno) di vivere una settimana all'insegna del cammino, dal 9 al 15 agosto, scoprendo il sentiero dedicato al beato Pier Giorgio Frassati. Il canto coinvolgente del piccolo gruppo di pellegrini, giunto a destinazione dopo aver percorso 100 km lungo le tappe che, dal santuario della Madonna delle Grazie di Arco conducono attraverso le valli del Trentino fino a quello di San Romedio, si è levato come ringraziamento spontaneo, trasmettendo un palpabile entusiasmo per la ricchezza vissuta insieme. Quella di un cammino non immune da fatiche e interrogativi, ma disponibile ad accogliere l'Altro e gli altri, in un movimento che aspira a tenere insieme la dimensione terrena e quella spirituale come ha ricordato nell'omelia don Mauro Angeli, guida del gruppo.
"L'uscire da noi stessi e dalle nostre case per andare incontro agli altri esprime una dinamica che è anche interiore. Maria insegna che l'ascolto porta all'azione concreta, detta passi nuovi come quelli che l'hanno portata da Elisabetta e, anche se aprirsi agli altri a volte espone a delusioni, accogliere quello che riceviamo è il primo passo per donarlo a nostra volta: è l'umiltà e la pazienza di chi si riconosce povero, ma dona se stesso per il bene di chi gli sta vicino".
A concelebrare con lui, don Riccardo Pedrotti, che, appena ordinato sacerdote, ha colto al volo l'occasione di mettersi in cammino insieme ad altri giovani "in ricerca", sperimentando quell'affidarsi gli uni agli altri che diventa comunione profonda indipendentemente dal percorso di fede personale.
Verso l'alto, dunque, come scriveva il beato, ma con i piedi ben piantati per terra – simboleggiati dal bastone portato all'offertorio che sostiene lungo il cammino – e lo sguardo accogliente verso gli altri, come quello che Frassati aveva per gli amici e i poveri.
Sacco a pelo e zaino in spalla, il sentiero si è rivelato un'esperienza accattivante che non ha deluso le aspettative, "uno strumento che ha permesso di riscoprire la fede in modo alternativo, riaccendendo in noi la consapevolezza che le relazioni umane sono un dono", hanno raccontato Elena, Silvio, Luca, Giovanna, Mariachiara, Nicola, Marianna.
"Ci affascinava l'idea del sentiero, non sapevamo della sua esistenza ed eravamo curiosi di scoprirlo", concordano Silvio e Luca, due adolescenti che hanno trovato il "ritmo" adatto per inserirsi nella "compagnia dei tipi loschi" (così il beato piemontese aveva ribattezzato i suoi amici, ndr).
"Questo percorso è metafora della vita, fai fatica, a volte ti scoraggi o devi fermarti e hai paura di non arrivare, ma se ti apri all'altro, scopri che può aiutarti a trovare nuova forza", riconosce Elena, rivivendo la profondità dei momenti di confronto quotidiano che traevano spunto dalle riflessioni di Frassati, da brani del Vangelo sul tema del giorno e dalla "Laudato Si" di Papa Francesco.
L'armonia e l'affiatamento che hanno caratterizzato fin dall'inizio il legame tra i nuovi amici si sono consolidate anche grazie al sostegno di chi ha offerto ristoro lungo il cammino e ospitalità per la notte in oratori, case per campeggi, conventi. L'aspetto più sorprendente è stato proprio sperimentare la gratuità delle persone e accorgersi che la carità è fatta di gesti semplici: "L'avvenire è nelle mani di Dio e meglio di così non potrebbe andare, scriveva Frassati: è una provocazione che implica fiducia e speranza, ma non esclude il nostro impegno", riflette Giovanna.
Il sentiero è una proposta a cui aderire vivendolo da protagonisti, anche solo per una parte, come ha fatto Marianna che si è unita al gruppo a Mezzolombardo, sentendosi subito accolta: "Per affrontare le salite della vita, anche l'anima ha bisogno di allenamento, non solo il corpo".
La conferma più evidente che non si può camminare verso l'alto se non c'è un cammino parallelo verso l'altro, di accoglienza reciproca, per raggiungere insieme la meta e realizzare l'aspirazione a vivere pienamente senza limitarsi a vivacchiare, come incoraggiava a fare con il suo esempio Pier Giorgio Frassati.
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