Un tema inusuale per l'aggiornamento dei preti trentini “testimoni e ministri di bellezza”
“La bellezza sta in fondo nell'occhio di chi guarda, tanto che – paradossalmente – il nostro rapporto con la bellezza è un sintomo e un indicatore della nostra stessa salute psicologica e spirituale”. Questa dimensione esistenziale – che la filosofa ungherese Agnes Heller ha definito in un saggio “La bellezza della persona buona” – è stata richiamata lunedì 16 gennaio a Villa Moretta nelle motivazioni di apertura della settimana di aggiornamento del clero dedicata appunto a questo tema in controtendenza rispetto al prevalere del pragmatismo utilitaristico.
Invece, la finalità di queste settimane formative (la seconda riservata ad altri 70 sacerdoti comincerà lunedì 23 gennaio) che è quella di offrire una ricarica spirituale e anche umana (attraverso i rapporti con i confratelli e il confronto con il Vescovo e i vicari episcopali) ha trovato uno risorsa stimolante nella bellezza presente nelle cose, nelle persone e nelle esperienze che il coordinatore don Severino Vareschi ha definito come “energia per l'essere e per l'operare”.
Fin dall'introduzione sono stati anticipati alcuni elementi che dimostrano come l'esperienza della bellezza sia una struttura portante della vita, “un'esperienza spirituale concreta, non astratta, personale, quindi da considerare vero dono dello Spirito Santo. Essa diventa anche una qualità primaria della persona, quando in essa convergono il bello, il vero e il buono.
Nell'iniziale “brainstorming” (la condivisione spontanea e libera di tutto quanto il tema evoca in ognuno dei presenti) i preti saliti nell'accogliente ritiro di Villa Moretta hanno colto anche l'importanza di utilizzare un linguaggio narrativo e simbolico (come Gesù nelle parabole) per non fermarsi al livello razionale e intellettualistico. Molti hanno riconosciuto il valore delle bellezza (“che deve giocare un ruolo determinante nel ministero sacerdotale”) anche nella sofferenza e nelle fragilità e hanno sottolineato l'importanza della contemplazione, alla quale saper educare.
Gli appofondimenti sono affidati per l'ambito filosofico e teologico a Leonardo Paris, per quello artistico a don Giuliano Zanchi, per la liturgia a mons. Giulio Viviani, per l'arte ad Antonio Marchesi e don Giovanni Cristoforetti, per la psicologia al docente vicentino don Andrea Peruzzo.
E' risuonata molto efficace la testimonianza diretta del prete artista don Marco Morelli, per il quale “dedicarsi alla scultura è stata un'autentica esperienza di felicità, una grazia della vita”.
Il sacerdote, le cui opere impreziosiscoo tante chiese trentine, ha testimoniato come l'istinto giovanile è diventato presto un bisogno psichico e anche fisico per la manualità, quasi una vocazione a costruire forme e rispondere al fascino della bellezza, non solo da trovare ma anche da far apparire e condividere. “Fare scultura” non è un modo di passare il tempo ma di viverlo intensamente in una sequenza di momenti di tormento ed estasi che si alimentano sempre di letture, conversazioni, filosofia, arte e fede in un dialogo costante. Accanto alla sua testimonianza, don Morelli ha aiutato anche a cogliere il valore sensibile, intellettivo ed emotivo delle forme che esprimoo sempre la libertà dell'uomo “artifex e pictor”. Una lezione sulle varie attenzioni con cui leggere un'opera d'arte nella sua costruzione, imitazione, invenzione ed espressione. Un invito che i preti trentini potranno riprendere nella prevista visita ai tesori raccolti al Museo diocesano di Villalagarina e nella vicina chiesa, ma anche nelle esperienze quotidiana di riscoperta della bellezza.
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