Folla della grandi occasioni: con Bressan anche mons. Adriano Tomasi e più di cento sacerdoti e religiosi
Il benvenuto iniziale di mons. Luigi Bressan alla folla di fedeli, giunta soprattutto dalle valli dolomitiche e da Rovereto, il canto delle litanie dei santi, l'invocazione dello Spirito Santo con l'imposizione delle mani da parte anche di tutto il clero presente, compresa una ventina di ospiti presso l'infermeria di Corso 3 Novembre, l'ordinazione, l'abbraccio con i novelli sacerdoti di tutti i confratelli, una corale di grande effetto, ed infine le strette di mano, le felicitazioni, le lacrime di familiari ed amici dentro e fuori il Duomo, hanno rappresentato i punti salienti della cerimonia di ordinazione dei due nuovi sacerdoti diocesani.
Accanto all'emozione per don Mattia Vanzo, 25 anni di Moena, la “grande gioia per le persone che sono venute sia dalla valle di Fiemme che di Fassa in segno di affetto e di amicizia”. ”Più di tutto – ha commentato a caldo – non mi aspettavo tanta gente amica, del mio paese, tanto coinvolgimento che mi ha accompagnato anche negli anni del seminario. Dietro ogni persona c'è una grande partecipazione alla scelta che ho fatto. Di mezzo ci sta la preghiera. La risposta poggia sulla promessa di un servizio. Mi pare di rivivere i momenti festosi del 'popolo d'Israele', raccontati dalla Bibbia”.
Don Riccardo Pedrotti, che di anni ne ha 35, stringe in braccio un nipotino al termine della cerimonia, ai piedi dell'altare circondato dai parenti. Data la sua statura con lo sguardo può osservare le cose dall'alto in basso. Occhi lucidi per entrambi e voce tuttavia calibrata, ferma. “C'è una grande gioia in me – dice – al solo vedere tante persone che si sono mosse da casa lasciando i loro impegni per partecipare all'ordinazione; dietro ad ognuna di loro c'è una famiglia che mi ha seguito negli anni del seminario con la preghiera. Tanta gente che ti dimostra affetto, rappresenta la dimensione del donarsi, del ricevere stima e riconoscenza”.
All'uscita su piazza Duomo Mattia e Riccardo sono accolti da un'ovazione, ci sono rappresentanti delle parrocchie, ma anche esponenti del mondo civile, laico, della scuole frequentate dai due neo-sacerdoti, docenti del seminario e qualche curioso, che nel frattempo hanno potuto festeggiare l'evento con un brindisi, rinviando altre emozioni al giorno successivo per la prima Messa nelle rispettive parrocchie, a Moena e a Marco di Rovereto.
Alla visione della vita come “servizio” si è richiamato il vescovo nell'omelia, definendola “caratteristica propria del cristianesimo” che costituisce un “rovesciamento di valori rispetto ad una cultura del potere”, che si applica a tutti i discepoli di Gesù che ha dato molti esempi come il lavare i piedi agli Apostoli, il partecipare alle sofferenze e ai lutti, il vivere da 'buon pastore” accanto alle sue pecore che conosce una ad una.
Il senso biblico del servire – ha poi spiegato – significa “l'essere obbedienti a Dio”, condizione che valorizza “la propria vita”, che “trova la missione nell'uscire da sè”. Il “mandato” conseguentemente “non è soltanto personale”, ma di tutta la comunità. Un compito non solo “vostro” – ha dichiarato rivolgendosi ai due ordinandi” – ma di tutti i battezzati. Bressan ha quindi raccomandato a “non agire da soli”, ma a costruire insieme “nel rispetto reciproco, nella condizione dei carismi, con umiltà personale”, sopportando i “limiti altrui”, lontani da ogni “assolutismo individualista e da interpretazioni fondamentaliste”, guardando a Cristo 'mite e umile di cuore'.
“Nella valutazione etica – ha affermato – saremo severi con noi stessi e misericordiosi con gli altri”. Lo spirito di servizio dunque per il vescovo vale tanto per i presbiteri che per quanti hanno una “vocazione speciale nella comunità”, come i genitori, gli educatori, le persone consacrate e quanti ricevono un ministero. Lo spirito di servizio non è legato ad “un contratto sindacale che fissi ore di lavoro e remunerazioni”, ma è “adesione a Cristo sommo sacerdote al quale vogliamo essere sempre “più strettamente uniti- ha ancora aggiunto. Bressan ha citato l'esempio del contadino che prepara il terreno, semina e accompagna la crescita e lo sviluppo di un frutto con amore riconoscendo “che i tralci devono essere innestati solo a Colui che è la Via, la Verità e la Vita”.
Per i due ordinandi Bressan ha auspicato un sacerdozio non separato da quello dei confratelli, inserito in un unico presbiterio e in una comunità concreta, rispondendo all'”obbedienza” richiesta al vescovo, posto a “responsabilità di guida in rappresentanza delle diocesi intera”. L'ultima parola Bressan l'ha dedicata ai giovani (moltissimi quelli presenti, espressione soprattutto del volontariato) invitandoli a “non aver paura” a lasciarsi “trascinare in un progetto, in un avventura di vita, poiché Colui che ci chiama ci mostra un amore immenso, una forza insuperabile”.
Lascia una recensione