Don Ivan “fotografa” i giornalisti

In quindici interviste l'informazione religiosa che cambia e subisce l'effetto Papa Francesco

A pochi giorni dalla sua promozione a direttore dell'Ufficio comunicazione sociali della CEI, don Ivan Maffeis pubblica con l'editrice Ancora un libro-inchiesta sull'informazione religiosa dal titolo efficace: “Cronisti dell'invisibile”. Ne destina i proventi ai giovani dell'Operazione Mato Grosso e lo dedica al suo convalligiano direttore don Agostino Valentini, a Vita Trentina e radio Trentino inBlu “perché il riscatto parte dall'abitare il territorio”. Quanto l'atmosfera di 15 anni in redazione rappresenti ancora un bagaglio prezioso per il nostro prete di Pinzolo, 52 anni, lo si capisce da molti passaggi della sua sempre frizzante e immaginifica prosa, come a pag. 83: “Ripenso a quando – solo ieri – nella redazione del settimanale Vita Trentina, Gianni Zotta, fotografo professionista, arrivava con la stampa di alcuni scatti che ne avrebbero fatto la copertina. Nel nostro piccolo la comparsa delle piccole schede digitali rappresentò una rivoluzione: la disponibilità di una materiale molto più ampio sfidava le memorie del computer e richiedeva un tempo nuovo dedicato all'archiviazione, per non consegnare le immagini all'indistinto e all'indisponibile”.

Non rimpiange il passato don Ivan, ma in questo libro aiuta a capire quanto e com'è cambiato il mestiere del giornalista, sempre più multimediale e flessibile, in grado di confezionare la stessa notizia per iscritto, poi di montarla con immagini e audio e condividerla sui social network. Attraverso le interviste con 15 operatori cattolici Maffeis spiega come dentro quest'aggiornamento inevitabile ed esigente (al quale lui stesso si è sottoposto), anche il giornalista ecclesiale sia chiamato nello stesso tempo a specializzarsi, a distinguersi nella qualità tecnica: sia che si dedichi agli editoriali (come Marina Corradi che avvisa “Meglio sembrare ignoranti che non farsi capire”), sia che insegna lo scoop della cronaca vaticana (come Paolo Rodari che confida “la verità male si coniuga con la fretta”), il buon comunicatore deve sempre rispettare le regole per guadagnarsi la fiducia dell'editore e soprattutto del lettore. Dai colleghi “religionisti” narrati e qausi “fotografati” da don Ivan – più che interviste sono ritratti in movimento – emerge la consapevolezza dell'effetto Bergoglio che sta innovando do per efficacia e immediatezza decenni di comunicazione clericale. Con i rischi annessi (“dobbiamo evitare di trasformare il Papa in una star”, avvisa il vaticanista Aldo Maria Valli) e la necessità, evidenziata dallo stesso portavoce padre Federico Lombardi, di “proteggere certe fasi del cammino ecclesiale da attenzioni e interessi che troppo spesso divergono”. Tra rivoluzioni epocali (il rapporto con le fonti ecclesiali) e novità appena intraviste, il bilancio tracciato da don Ivan “con la sua proverbiale capacità di ascolto” risulta aggiornato e stimolante, non solo per gli addetti ai lavori.

Come scrive il suo predecessore don Domenico Pompili, oggi vescovo di Rieti, “Maffeis giornalista per stoffa e per dedizione, è riuscito a sbozzare la qualità di questo mestieri, di cui forse c'è ancora più bisogno ai tempi della Rete”.

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