“Mi è arrivato un messaggio l’altro ieri. Una mia amica mi chiedeva se fossi disposto ad ospitare alcune persone in fuga dall’Ucraina. Ed ora eccomi qui”. Francesco è uno dei trentini che hanno dato la disponibilità per accogliere le persone che in queste ore stanno cercando di lasciare l’Ucraina. Lo incontriamo in Lungadige Monte Grappa, a Trento, dove questo pomeriggio alle 14 è arrivato un pullman che ha portato 52 persone in fuga dal Paese, grazie all’organizzazione dell’associazione “Aiutiamoli a vivere”.
Francesco ospiterà Elena e suo figlio Max. “Abbiamo passato trenta ore a piedi, con le nostre valigie, al confine tra Ucraina e Polonia – racconta Elena – e ci sono volute ore prima di attraversare il confine tra Ucraina e Polonia: abbiamo atteso dalle 18 alle 5 del mattino”. La donna è preoccupata per i suoi amici, bloccati nella città di Kharkiv. “Il loro bambino ha solo pochi mesi di differenza dal mio”, spiega indicando con una mano suo figlio, mentre suo marito, medico, è rimasto a Leopoli per prestare assistenza ai civili.
Alcune delle persone arrivate in pullman questo pomeriggio saranno ospitate per il momento all’Ostello della Gioventù. Molti tra loro hanno parenti e amici che li aspettano in altre regioni italiane. “Sono due le famiglie che verranno ospitate in Trentino”, dice Oksana Galuza, volontaria solo da poche settimane dell’associazione “Aiutiamoli a vivere”. Con lei, Angela Kotyk, presidente dell’associazione, che ha accolto assieme all’assessora del Comune di Trento Chiara Maule e a don Augustin Babiak, guida della comunità greco-cattolica, le persone arrivate.
“E’ da pochi giorni che ci muoviamo, è ancora tutto molto in divenire – spiega Oksana – ma mi piacerebbe che riuscissimo a portare qui gli orfani e le persone che hanno perso la loro casa. In Ucraina – aggiunge con forza – quello che sta accadendo è una vera e propria catastrofe umanitaria: le persone hanno dei soldi da parte, certo, ma è difficile trovare ciò che serve per proteggersi, come giubbotti antiproiettile, cibo e medicinali”.
“Non è una guerra – afferma ancora la donna -, è uno sterminio, perché la guerra devono farla ai militari, mentre in questo caso hanno bombardato anche un ospedale che ospitava donne incinta”. Oksana ha scelto di diventare volontaria di “Aiutiamoli a vivere” per rendersi utile, anche se lontana fisicamente da ciò che sta succedendo. “Erano le 5 del mattino di giovedì scorso quando mi sono alzata e ho visto che il mio compagno era incollato davanti alla televisione e osservava quanto avveniva nel nostro Paese -racconta -. Da quel momento non riesco più a mangiare. Continuano a dire che c’è un genocidio delle persone russofone in Ucraina, ma senza avere delle prove. C’è un problema di nazionalismo anche nel nostro Paese, certo. Ma non per questo si devono bombardare i civili”.
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