L’esperienza del suo amore

“Uscendo dal confessionale, sentiremo la sua forza che ridona la vita e restituisce l’entusiasmo della fede. Dopo la confessione saremo rinati”

In questa santa Quaresima il nostro pellegrinaggio spirituale sta volgendo alla fine. Umanamente viene spontaneo contare quanti giorni mancano alla festa di Pasqua. Quindi l’attesa di Pasqua diventa sempre più forte e ci fa sentire l’urgenza della conversione.

Prima della riforma liturgica del Vaticano II la quinta domenica di Quaresima era conosciuta come la prima domenica di passione e l’usanza era quella di velare gli altari perché la concentrazione del pensiero e della preghiera di ogni cristiano fosse sul mistero della Croce. Il biglietto da visita di Dio è la Croce e questa fa sì che il Dio lontano con Gesù diventa il Dio vicino e affidabile perché non si è risparmiato nessuna sofferenza e riempie di amore anche l’ora della morte e della sofferenza. Nella morte in Croce di Gesù c’è il perdono di tutti i peccati e la vittoria della vita su ogni situazione e logica di morte.

Il sacramento della Riconciliazione – assieme all’Eucaristia – dilata ed estende a tutta la storia questa rivoluzione dell’Amore di Dio. Ce lo ha ricordato Papa Francesco nella sua omelia per la celebrazione penitenziale in occasione dell’iniziativa “24 ore per il Signore”: “Essere qui per fare esperienza del suo amore, comunque, è anzitutto frutto della sua grazia. Come ci ha ricordato l’apostolo Paolo, Dio non cessa mai di mostrare la ricchezza della sua misericordia nel corso dei secoli. La trasformazione del cuore che ci porta a confessare i nostri peccati è 'dono di Dio'. Da noi soli non possiamo. Il poter confessare i nostri peccati è un dono di Dio, è un regalo, è 'opera sua' (cfr Ef 2,8-10). Essere toccati con tenerezza dalla sua mano e plasmati dalla sua grazia ci consente, pertanto, di avvicinarci al sacerdote senza timore per le nostre colpe, ma con la certezza di essere da lui accolti nel nome di Dio, e compresi nonostante le nostre miserie; e anche di accostarci senza un avvocato difensore: ne abbiamo uno solo, che ha dato la sua vita per i nostri peccati! È Lui che, con il Padre, ci difende sempre. Uscendo dal confessionale, sentiremo la sua forza che ridona la vita e restituisce l’entusiasmo della fede. Dopo la confessione saremo rinati”.

Cosa vuol dire chiedere perdono al Signore? Innanzitutto: che abbiamo bisogno di tenere il nostro sguardo fisso sul suo volto di Padre, incontrando la tenerezza dei suoi occhi, che ti fanno sentire nudo per i propri errori, ma soprattutto ti fa sentire rivestito della veste del Figliol prodigo, perché il suo amore è più forte di ogni errore. Se non sento in me l’urgenza di cercare questo sguardo e di conseguenza non mi pongo in un atteggiamento di accoglienza e di umiltà, non permetterò mai alla misericordia di Dio di entrare nella mia esistenza e di operare nella mia storia personale il miracolo del rinnovamento interiore. Umiltà vuol dire fare spazio agli altri nella propria esistenza e a maggior ragione a Dio.

La medicina del perdono passa anche “nel portare a parola” con se stessi e con il sacerdote i propri peccati. Fare questa operazione nella propria vita è l’occasione per ammettere le proprie colpe, ma soprattutto per manifestare quali sono i desideri autentici di ciascuno, volti sempre a rinnovare l’immagine di Dio che è dentro ciascuno di noi e rinsaldare la comunione con Lui e con i nostri fratelli. Questo ci porta a crescere nella consapevolezza che il perdono rinnova la propria esistenza e ci dona nuovi sentieri per vivere il rapporto con gli altri. Perché un prete? Perché abbiamo bisogno che qualcuno fuori da noi metta in risalto tutto questo e rilegga la nostra storia con una luce diversa e positiva. Quello del perdono verso noi stessi è il pellegrinaggio più impegnativo e abbiamo la necessità che sia sostenuto da un compagno di viaggio grande nella misericordia e nell’amore. Papa Francesco, parlando della donna adultera, afferma “Nel silenzio, gli ha aperto il suo cuore; nel dolore, gli ha mostrato il pentimento per i suoi peccati; con il suo pianto, ha fatto appello alla bontà divina per ricevere il perdono. Per lei non ci sarà nessun giudizio se non quello che viene da Dio, e questo è il giudizio della misericordia. Il protagonista di questo incontro è certamente l’amore, la misericordia che va oltre la giustizia”. Perché diffidare di questa rivoluzione ideata dall’amore di Dio e perché rinunciare all’esperienza del perdono che rinnova la nostra vita e ogni volta pone la firma di Dio alla nostra esistenza?

Don Nicola Belli

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