Don Dante Clauser, “il prete degli ultimi”

Nasceva il 7 dicembre del 1923, quasi cent’anni fa, don Dante Clauser, “il prete degli ultimi”.

La sua filosofia è ben riassunta dalla frase della vignetta di Giorgio Romagnoni, “Coltivavo nel cuore un desiderio: essere amico di coloro che non hanno amici”, ed è oggi una realtà tangibile che ha sede in via Travai: il Punto d’Incontro di Trento.

Don Dante era figlio di un geometra e di una maestra elementare. Venne ordinato sacerdote nel 1947 e, dopo un’esperienza come cappellano a Calavino, fu mandato a Levico a dirigere la Piccola Opera Divina Misericordia, un orfanotrofio e un centro di accoglienza per ragazzi in difficoltà. Arrivarono poi l’esperienza a Bolzano, dove fondò la Casa del Fanciullo proprio accanto all’ex campo di concentramento di Resia, a Vignola Falesina, a Vezzano e a San Pietro. In quest’ultima parrocchia, in particolare, operò durante il Sessantotto e diede un contributo importante per la revisione del culto di Simonino.

Nel 1977, però, lascia la parrocchia di San Pietro per “essere amico di coloro che non hanno amici”. Condivide un periodo di vita in strada con i senza fissa dimora e, nel 1979, fonda con altri otto soci la Cooperativa Punto d’Incontro, un presidio che si spende con costanza per aiutare le persone che vivono in strada.

“Il momento forte era rappresentato dalla cena, a cui don Dante teneva moltissimo, sia rispetto al menu, sia rispetto alla partecipazione delle persone”, il ricordo di Osvaldo Filosi, presidente e direttore del Punto d’Incontro, che oggi, con un post su Facebook, ha ricordato il suo periodo come volontario alla cooperativa tra il 1984 e il 1987. “C’eravamo noi che vivevamo lì, ma spesso anche persone esterne, amici di don Dante come don Vittorio Cristelli, il dottor Alfredo Dericabona, il nonno Lasta (Ernesto Artuso), Gualtiero Franzoni, ma anche Fabio Garbari e Ivan Maffeis allora giovani seminaristi. A pensarci oggi quello della cena era un momento importante e molto atteso da Dante: era un ritrovarsi con le persone con le quali condivideva il lavoro al Punto; c’era una grande valenza affettiva che allora io non avevo capito a pieno nella sua profondità. A noi giovani capitava spesso di saltare la cena e a Dante questo dispiaceva molto”.

Sono due le frasi che Osvaldo Filosi ricorda di don Dante: “Sii un uomo” e “Di persone indispensabili è pieno il cimitero”. Don Dante credeva infatti nella dignità di tutte le persone, e nel povero vedeva anzitutto una persona da trattare senza pietismo. Credeva poi che tutti fossero “servi inutili”, che nessuno fosse indispensabile, e che solo da questa comprensione potesse nascere il vero incontro con l’altro.

Don Dante Clauser è morto a Trento l’11 febbraio del 2013.

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