Sabato scorso papa Francesco ha dato un riconoscimento a due vaticanisti per aver onorato nella loro missione il compito di “ascoltare, approfondire, raccontare”. Tre infiniti che ispirarono anche don Giulio Delugan nel far nascere Vita Trentina nel Natale 1926.
Sono passati 95 anni dalla fondazione del nostro settimanale – li festeggeremo a Trento in dicembre insieme al Coro della SOSAT – ma è incoraggiante riconoscere una continuità nel servizio giornalistico che papa Francesco definisce “una vera e propria missione, certamente non facile” in ogni tempo e ad ogni latitudine.
Erano gli anni del fascismo emergente ed anche don Delugan ebbe vita dura con i gerarchi che disprezzavano Vita Trentina come “giornalucolo settimanale che la bontà del regime ha permesso fino adesso”. La redazione restò fedele a questi tre imperativi professionali e pastorali insieme: seppe ascoltare “l’intimo sentimento della stragrande maggioranza del popolo trentino”; volle approfondire com’era possibile “fare del bene al di sopra e al di fuori di tutti i partiti”; s’impegnò a raccontare le storie dei parroci e delle associazioni laicali che seguivano “le direttive che ci vengono dalla cattedra di Pietro”, senza cedere alle imposizioni del Capo del Governo (sul settimanale non lo si chiamava mai Duce). Una linea editoriale di precisa identità e di preziosa indipendenza che Vita Trentina ha seguito nel corso dei decenni e che ora può essere riconfermata e rilanciata a cinque anni dal traguardo del secolo.
In che modo è possibile coniugare – come testata diocesana ma anche come comunità di lettori in dialogo aperto – quei tre fondamentali verbi ripresi dal Papa sabato scorso?
Secondo Francesco la missione dei giornali è principalmente quella “di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza, e anche con più fiducia”. Vale di più oggi: nel perdurare logorante di questa pandemia registriamo ancora molte reazioni superficiali, irrazionali o disinformate che diffondono un’angoscia esistenziale, male assorbita nei circoli chiusi dei social network.
Il primo compito – ascoltare – ci riguarda “davvero tutti come Chiesa, specialmente ora che è iniziato il processo sinodale”, come dice ancora il Papa. Significa uscire dalle redazioni e dalle sacrestie, “avere la pazienza di incontrare a tu per tu le persone”, “sottrarsi alla tirannia dell’essere sempre online”, prendersi tempo.
Approfondire risulta essere l’operazione più congeniale alla carta stampata. “Rispetto al web – spiega il Papa – potete offrire il contesto, i precedenti, le chiavi di lettura che aiutano a situare il fatto accaduto”. Una funzione che anche il mercato editoriale va riscoprendo (si pensi a quotidiani che ampliano i commenti, le analisi o i dossier di approfondimento) e che il nostro Arcivescovo ha sottolineato intervenendo lunedì al 70° di fondazione del quotidiano L’ Adige: “Sono convinto che si affermerà di nuovo il valore della carta stampata, con la sua capacità di approfondimento”.
Infine, il “raccontare”, che per il Papa è anche “lasciarsi colpire o talvolta ferire dalle storie che incontriamo, potendole narrare con umiltà ai lettori”. Ne abbiamo avuto conferma dalla voce di Luigi Accattoli e Ciro Fusco venerdì scorso (vedi pag. 6) che hanno ricavato dai testimoni della speranza in pandemia dei “fatti di Vangelo”: siamo lieti di aver contribuito con sei storie trentine alla loro indagine, ancora aperta.
La nostra redazione, mentre accompagna il rilancio della casa editrice, punta a farsi sentire con notizie complete e giudizi tempestivi anche on line e nelle pagine dei social media. Per questo lo slogan della campagna 2022 “il settimanale ogni giorno con te” sottolinea questa lettura quotidiana, abitudinaria come un caffè. Non possiamo nascondervi che contiamo sul vostro passaparola e sul rinnovo dell’abbonamento, primo sostegno concreto ai tre verbi di Delugan e Francesco.
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