Molte opere conservate in salotto, altre donate a chiese ed amici. Allievo della scuola, fondata da padre Nilo Cadonna e Fabio Nones
In un atelier di pochi metri quadrati, o meglio di uno “sgabuzzino”, come è solito chiamare il laboratorio di pittura attiguo al soggiorno della propria abitazione, il maestro a riposo, Giuseppe Decarli, è solito passare ore e ore per dipingere icone con vari soggetti e di tutte le grandezze.
Alcuni suoi lavori sono finiti in alcune chiese, su richiesta dei parroci, molte di più le ha donate ad amici. Altre sono in bella mostra sulle pareti di casa, conservate con affetto, quasi con gelosia insieme con altro materiale frutto del suo genio creativo che ha accompagnato la vita professionale e di pensionato: piccole miniature, acquarelli, ciottoli di torrente dipinti, con volti di noti personaggi della politica italiana.
Decarli, che di anni ne ha 83, quattro figli, otto nipoti, può contare sull'assistenza preziosa della consorte, la signora Maria Vittoria, sempre pronta a ripulire il tavolo da lavoro. I colori utilizzati per le icone non sono infatti omogenei, compatti, pastosi, ma ridotti in polvere. Basta un soffio d'aria, uno starnuto per disperderli nel piccolo locale come polvere.
Fin dal primo pensionamento Giuseppe Decarli, noto insegnante elementare di Trento, con la passione anche per la politica nella prima Repubblica, un figlio sacerdote, il teologo don Andrea, ha voluto combattere la noia della terza età iscrivendosi alla scuola avviata da padre Nilo Cadonna, sacerdote pioniere nel dialogo con gli ortodossi, in particolare della Russia che si avvaleva di un giovane maestro, Fabio Nones. Anno dopo anno, Nones ha saputo dimostrare nel campo dell'arte “la sua notevole capacità e talento”.
Sono i ricordi a dominare una breve conversazione con l'originale artista, al termine di un lavoro che ha richiesto ben tre mesi di impegno: la riproduzione su una tavola di 1,20cm. per 40cm. di un famoso mosaico di Gerusalemme che riporta la deposizione di Cristo dalla croce, il corpo avvolto in un lenzuolo e la sepoltura, di cui va particolarmente orgoglioso. “Ricordo con nostalgia – racconta – il primo anno di corso, nel seminterrato dei frati cappuccini, in via Grazioli. Non si trattava infatti solamente di apprendere la tecnica iconografica che ha i suoi canoni precisi e le sue regole tradizionali, ma di completare l'opera con l'approfondimento teologico di padre Nilo che ci ha aperto le porte dell'Oriente cristiano e fatto comprendere ciò che sta sotto ad un lavoro pittorico di quel tipo”.
Dopo l'apprendistato Giuseppe Decarli si è messo a lavorare in proprio, mai disdegnando l'aggiornamento attraverso la visita a mostre, la lettura di testi appropriati e la consultazione del suo “valente” maestro. Sprizza gioia ed entusiasmo nel parlare di questa sua attività che lo impegna senza stancarlo, costringendolo, talora, in presenza di figure o particolari minutissimi da dipingere, a ricorrere ad una grossa lente, cosa che richiede grande attenzione nella scelta di pennelli e colori.
“Per me è sempre una gioia mettermi davanti ad una tavola, piccola o grande che sia e dopo aver tracciato il disegno, iniziare a porre colori e sfumature”, assicura e non c'è motivo di dubitare, visto che è solito annunciare i contenuti dei suoi lavori anche in redazione che da anni può contare sul suo contributo come correttore di bozze. Il sentirsi appagato è la giusta soddisfazione per un artista della sua età che davanti ad ogni nuova realizzazione si affida a Colui che “regge la sua mano nell'esecuzione”, recitando la preghiera dell' iconografo. E' un'invocazione al “fervido artefice di tutto il creato” perché illumini lo sguardo del “servitore”, regga il “cuore” e governi la “sua mano affinchè degnamente e con perfezione” possa rappresentare “la sua immagine per la gloria, la gioia e la bellezza” della Chiesa. “Ora – confida Decarli – al momento del commiato – ho in progetto altre icone nella speranza che la contemplazione delle opere sia per me e per tutti motivo di elevazione spirituale e pace dell'anima”.
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