Per poco più di un mese le riprese hanno interessato vie, piazze e locali del capoluogo, soprattutto, ma anche Riva del Garda. E a Trento, al cinema Modena, venerdì 22 ottobre, alle 19.45 è stata proiettata la “prima” di “Fra due battiti”, film del bellunese Stefano Usardi, che ne ha scritto la sceneggiatura, qui alla sua quinta prova da regista nonostante la giovane età, ha 34 anni. Senza contare che ha già alle spalle un paio di lauree e qualche giro intorno al mondo. Nel cast, più di un attore trentino. Maria Vittoria Barrella, la co-protagonista – che in città è arrivata da bambina, le origini sono napoletane – ha nel suo curriculum un poker di film, in particolare, anche se non solo, nel circuito indipendente, ma anche tanto teatro, è infatti fondatrice della compagnia “La Burrasca”. E poi ci sono Stefano Detassis (nella parte di uno scrittore in crisi) e Federico Vivaldi.
Prodotto dalla veneta Fifilm, “Fra due battiti” è ambientato a Trento, dove Giovanni, giovane scrittore interpretato da Stefano Scandaletti (già in “Welcome Venice” di Andrea Segre ed “Effetto notte” di Alessandro Rossetto), vive in una grande villa lasciatagli in eredità dai genitori e gira per la città in cerca di ispirazione. Cercando anche di dare una mano all’amico Tommaso (Vivaldi) ancora sotto shock dopo aver messo in pericolo la vita della figlia dimenticata in macchina. Poi arriva Rosa (Maria Vittoria Barrella) che spariglia le “carte”, rompe gli equilibri. Tra gli interpreti, per ultimo ma non certo ultimo, Remo Girone, il Tano Cariddi della “Piovra” televisiva, ma suona riduttivo di una carriera che inizia nei primi anni Settanta e vanta collaborazioni con Krzysztof Zanussi, Jacques Rivette, Ettore Scola e Peter Greenaway. Qui l’attore è nella parte di un maggiordomo che passa il suo tempo a riscrivere spartiti di Schubert.
“Quello che mi è piaciuto del personaggio che interpreto – riflette Maria Vittoria Barrella – è la natura di Rosa. È come arrivasse da un altro mondo ma, nello stesso tempo, è capace di confrontarsi con la realtà che incontra. è un personaggio genuino, empatico, intrigante. La lavorazione del film, poi, è stata portata avanti da un vero e proprio collettivo artistico, navigando a vista. Grazie anche alla natura visionaria del regista”. “La storia, la vera storia – scrive Usardi nelle note di regia – non è altro che la ricerca di se stessi nella grande messa in scena che è la vita, di cui il personaggio principale è convinto di poter gestire le potenzialità. Ma come avviene per chiunque non è possibile scorgere i confini tra una realtà e l’altra proprio perché esistono tante realtà quante sono le persone che la/le possono vedere”.
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