Testimonianza in vista della Giornata missionaria mondiale (19 ottobre). “Il segreto della missione? Scoprire che non serve necessariamente andare in Brasile o in altri luoghi lontani per fare della condivisione uno stile di vita”
Marcos Moura, periferia tra le più povere e violente a Joao Pessoa nello stato di Paraiba, nel Nordest del Brasile:la punta più orientale di entrambe le Americhe, sulla costa atlantica. Qui hanno vissuto la loro esperienza estiva, inviati dal Centro missionario di Trento, Silvia, Valeria, Chiara, Diego e Gabriele. Ospiti per un mese di una piccola comunità di suore della Provvidenza, tra le quali suor Antonietta Defrancesco di Predazzo, che operano nel quartiere, dove hanno dato vita alla bella esperienza del Cefec (Centro di educazione e formazione per bambini e ragazzi). Ecco la loro testimonianza.
La nostra esperienza estiva inizia molto prima del 3 agosto, giorno in cui siamo partiti, e di certo non si è conclusa quando abbiamo rimesso piede in Italia; infatti ci siamo messi in viaggio qualche mese prima, quando abbiamo saputo dove saremmo andati e chi sarebbero stati i nostri compagni di avventura. Il nostro sogno iniziava così a concretizzarsi e, nonostante ci avessero messi in guardia dal partire con troppe attese, l’entusiasmo faceva decollare le nostre aspettative senza che ce ne rendessimo conto.
Così siamo arrivate in Brasile e la prima sera, aprendo a caso la Bibbia, abbiamo letto la parabola del giovane ricco. Ci siamo riconosciute in lui quando domanda al Maestro la ricetta per la vita eterna. Anche noi, forti della convinzione di essere già sulla strada giusta, chiedevamo cos’altro ci mancasse, quale fosse l’ingrediente segreto e avevamo la pretesa di trovarlo in Brasile.
Ecco qui il nostro passo falso: ci aspettavamo lo straordinario… cercavamo supereroi e ci deludeva incontrare semplicemente uomini. Questa difficoltà però si è trasformata nella chiave di volta della nostra esperienza: l’unico modo per reagire al fallimento dello schema che avevamo immaginato, è stato abbandonarlo definitivamente e regalarci l’occasione di gustare con occhi nuovi ciò che avevamo intorno. Vino nuovo in otri nuovi! Ora non cercavamo più l’incredibile perché la meraviglia era vivere la quotidianità e sentirci vicini riconoscendoci “semplicemente” uomini.
Partire è decidere di fare fisicamente un passo – o molti chilometri – verso l’altro e una volta che ci si è messi in cammino, qualsiasi siano le motivazioni, non ci si può che abbandonare alla gioia dell’incontro, non si può che seguire questa corrente vivace che ci porta all’altro non per ricevere e senza la pretesa di dare, ma solo per condividere.
Per noi il segreto della missione è stato lo scoprire che non serve necessariamente andare in Brasile o in altri luoghi lontani per fare della condivisione uno stile di vita. Nessuna scusa, quindi. Non finisce tutto con l’esperienza estiva, anzi, la vera missione inizia adesso.
Da questo mese portiamo a casa un’intuizione e la fedeltà ad un impegno: essere ogni giorno missionari perché non è sufficiente essere sensibili ai problemi lontani, quello che fa la differenza è scegliere ogni giorno di avere occhi per guardare con tenerezza chi ci sta vicino.
Per dirlo con le parole di Etty Hillesum: “Essere fedeli a tutto ciò che si è cominciato spontaneamente, a volte fin troppo spontaneamente. Essere fedeli a ogni sentimento, a ogni pensiero che ha cominciato a germogliare. Essere fedeli nel senso più largo del termine, fedeli a se stessi, a Dio, ai propri momenti migliori. E dovunque si è, esserci, al cento per cento. Il mio fare consisterà nell’essere”.
Valeria e Silvia
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