Ho fatto un sogno l’altra notte. Facebook, Instagram e WhatsApp erano scomparsi da qualche ora, inutilizzabili. In tutto il mondo.
Sparite le storielline dei tuffi al mare mentre tutti sono già rientrati al lavoro da mesi, i selfie con le orecchie da coniglio. Sparite le chat del lavoro, della squadra di calcio, dell’assemblea condominiale. Vabbè per quella meglio così. Sparite anche le discussioni che poi discussioni non sono mai, impossibile starci dietro con tutti quei post da commentare: che poi ciò che conta davvero è aver cercato di rendere il mondo un posto migliore. Anche stasera. Dal divano.
E invece niente. Smartphone buono soltanto per ascoltare musica o pubblicare messaggi di scherno sul buon vecchio Twitter, che fino a poche ore prima sonnecchiava in qualche meandro del telefono.
A questo punto del sogno, a dire il vero, non è che proprio tutti si strappassero i capelli. Non ci crederete ma c’erano persone che riuscivano a terminare la cena senza prendere in mano il telefono, o che si bevevano una birra in un posto figo senza postare la foto su Instragram. Da non credere. E quella coppia che si è gustata un film fino ai titoli di coda senza mai e dico mai, controllare le notifiche di Facebook? Lo sappiamo, nei sogni succedono cose davvero strane.
C’era anche chi si prendeva del tempo per riflettere. Dovevano scomparire i social per farci pensare a quando siamo diventati dipendenti? Cosa facevo la sera prima di addormentarmi anziché scrollare per mezz’ora la home di Facebook? E non lo ricordavano. Normale, perché i social ormai sono diventati come la carta d’identità, la patente e il bancomat, ma certamente più divertenti, colorati e interattivi. In più conoscono benissimo tutti i nostri punti deboli, rendendoci bersagli facili. Anzi, facilissimi.
Pazienza se non sappiamo riconoscere una fake news: postare, condividere, commentare è un loop, un circuito potenzialmente infinito, e uscirne è davvero difficile anche all’interno di una rete sempre più imbarbarita, un’arena dove l’insulto è liberalizzato e l’idea dell’altro vale meno di zero. Altro che eleganti piazze virtuali di dibattito e confronto!
Ma quando lo stop è imposto, improvviso e inaspettato, come in questo sogno, tutto cambia. Non è più questione di connessione o dei cinque Giga esauriti. Basta social, per tutti. Sette ore come era prima, che poi vuol dire una decina di anni fa, mica i brontosauri. Siamo costretti a fermarci, a riflettere, a pensare (a proposito, farlo prima di scrivere o commentare un post non fa mai male: non dico sette ore, ma almeno i classici dieci secondi…).
Comunque, alla fine il sogno è evaporato con il suono della sveglia e levato l’“uso in aereo” del telefono, le notifiche rosse sono subito riapparse. Quattro qui, dieci lì, soltanto due sulla terza app. Ma non era certo il momento di leggerle, non subito almeno.
I social, non dimentichiamocelo mai, a differenza della vita, possono anche aspettare.
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