Papa Francesco in Corea del Sud si rivolge ai politici e ai vescovi. L'appello ai giovani: “Svegliatevi!”
“La Corea, nord e sud, è un'unica famiglia”. “La consapevolezza della propria identità costituisce la radice del vero dialogo”. Sono le parole di Papa Francesco, domenica 17 agosto, nell'ultima giornata del suo terzo viaggio apostolico in Corea del Sud per la beatificazione dei martiri del Paese asiatico, ai responsabili delle pubbliche istituzioni, all'episcopato e ai giovani ai quali ha rivolto un fermo “Svegliatevi”.
Francesco era giunto a Seul, la capitale, in aereo alle 3.15 del mattino di giovedì 14 agosto. Ad accoglierlo c'erano la presidente sudcoreana Park Geun-hye, i rappresentanti dell'episcopato ed una folla di fedeli che l'ha accompagnato durante l'intero soggiorno che ha raggiunto oltre il milione di presenze, sabato scorso, alla cerimonia di beatificazione di “124 testimoni della fede”, uccisi più di 200 anni fa che “ci insegnano a mettere Cristo – ha detto Francesco – al di sopra di tutto” e ci interrogano “se vi sia qualcosa per cui siamo disposti a morire”.
Già nel suo primo discorso, incontrando le autorità del Paese salutato con una bella immagine, “terra del calmo mattino”, ha lanciato un forte appello per la pace e la riconciliazione, argomenti che hanno rappresentato il leit motiv dei suoi interventi. Quelle del Papa sono risultate parole di pace, contrastando i missili lanciati dalla Corea del nord, in concomitanza con il suo arrivo, travalicando i confini di una regione passata attraverso immani sofferenze causate dalla violenza, dalla persecuzione e dalla guerra, fino ad arrivare in Cina, beneficiaria di speciali telegrammi papali e della benedizione pontificia sia all'andata che al ritorno durante il sorvolo dell'Impero celeste.
In volo verso Seul ha ricordato e pregato per Simone Camilli, il videoreporter italiano di 35 anni ucciso a Gaza con un altro giornalista e tre artficieri palestinesi durante il disinnesco di un ordigno israeliano. “La ricerca della pace da parte della Corea, una per lingua, cultura e tradizioni, – ha affermato – è una causa che ci sta particolarmente a cuore perché influenza la stabilità dell'intera area e del mondo intero, 'stanco' della guerra”. “La ricerca della pace – ha aggiunto – rappresenta una sfida per ciascuno di noi e in particolare per quelli tra voi che hanno il compito di perseguire il 'bene comune' della famiglia umana attraverso il paziente lavoro della diplomazia”. Francesco affida dunque a questa speciale componente per le relazioni della società la grande responsabilità, come arte del possibile, di “abbattere i muri della diffidenza e dell'odio e di promuovere la cultura della riconciliazione e della solidarietà”.
Parlando ai vescovi ha chiesto loro di costruire una Chiesa “versatile e creativa” nell'annuncio del Vangelo, ispirata alla “memoria dei martiri e delle generazioni passate, realistica, non idealizzata o 'trionfalistica', e alla speranza”. Una Chiesa “costantemente in uscita verso il mondo” che rifiuta i “criteri mondani” del successo e del potere. L'essere custodi di speranza per il Papa implica la continuità della “testimonianza profetica” e la “sollecitudine” per i poveri. Dal santuario di Hemi, dove erano presenti giovani di 23 nazioni, compresa la Cina, questo l'appello alle nuove generazioni del Papa: “Svegliatevi”. “Gioventù dell'Asia, alzati! Alzati, su! Su, su! Alzati!”. Incoraggiamenti seguiti da un inciso personale: “Quando vedo i giovani che dormono, dico: no! Svegliatevi, alzatevi, tirate su la testa. Nessuno se è addormentato può cantare, danzare, rallegrarsi”. Poco dopo un'altra considerazione forte: i cristiani non arrivano in Asia per “conquistare”, ma per “camminare insieme”. “Nei vostri Paesi non ci vedano come concorrenti e conquistatori. La Chiesa si mette al servizio dell'Asia”.
È l'apertura di Bergoglio all'Estremo Oriente, alla Cina e ai “fratelli della Corea del nord”, ma anche al Laos, Vietnam, Birmania, Buthan e Brunei, con i quali la Santa Sede non ha, o ha solo parzialmente, relazioni diplomatiche. Alla Messa prima della partenza Francesco ha incontrato le “donne di conforto”, ovvero le schiave della Corea sfruttate dai giapponesi come prostitute durante la guerra, fenomeno definito da Francesco come una delle atroci conseguenze abituali della guerra. Per il gennaio prossimo è prevista la visita del Papa in Sri Lanka e nelle Filippine. Ma tutti i vescovi della Regione, per sua stessa ammissione, hanno rivolto analoghi inviti.
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