DOMENICA 12 SETTEMBRE 2021 – XXIV TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Is 50,5-9a – Gc 2,14-18 – Mc 8,27-35
Se c’è un insegnamento chiaro che Gesù dà ai suoi discepoli, e che possiamo trovare in ogni pagina del Vangelo, è di parlare chiaro, assumendosi tutte le conseguenze di quanto si dice… Un comportamento, questo, piuttosto raro, perché per comportarsi così, occorre coraggio e una buona dose di sincerità con se stessi, in modo da non ritrattare in seguito, vigliaccamente, quanto si è affermato.
Generalmente si assiste a uno spettacolo indecoroso. In giro ci sono troppe persone, affascinate dal potere, che buttano una parola, una frase, un giudizio, tanto per muovere un poco le acque, per capire se nasce consenso, ma poi si è prontissimi a rinnegare tutto, ad accusare gli altri, che ovviamente non hanno compreso in modo esatto quello che avevano detto. Mi verrebbe da dire che in giro ci sono troppi falsi diplomatici, persone che usano giri di parole, per non dover pagare un certo prezzo nel dire le cose come stanno. Nascono così le carriere di tanti mediocri che sanno giocare bene sul dire e sul ritirare la parola detta, evitando così franchezza e trasparenza. Gesù di Nazareth al contrario fa capire subito che il progetto di Dio per gli uomini non passa attraverso il potere. É forse comprensibile che i discepoli attendessero un messia trionfante, in grado di far piazza pulita dei Romani, usurpatori che schiavizzavano il popolo eletto.
Il potere poi affascina sempre, uomini e donne di ogni latitudine, in ogni contesto. La Chiesa non ne è esente. Occorre però in tal caso pagarne un prezzo decisamente alto, occorre rifiutare ciò che Gesù ha scelto: la spogliazione e la croce, simboli di debolezza e di sconfitta, perché a vincere è il dono di sé e l’amore senza riserve. Nel Vangelo di questa domenica lo si capisce da una domanda precisa, che costituisce il centro del racconto di Marco: «Ma voi chi dite che io sia?». La domanda è rivolta a tutti i credenti, a tutti i cercatori di Dio.
Non si tratta di scrivere la carta d’identità di Gesù: dove è nato, quando, ecc. Si tratta piuttosto di accettare la sua storia e tutte le conseguenze che questo comporta. Gesù non è il Messia potente che era atteso. È colui che salva non attraverso la forza, ma con la croce, con quei mezzi che umanamente indicano la sconfitta. E c’è in questo suo agire un avvertimento ai credenti e alla Chiesa di ogni tempo: state attenti a non vivere il mio messaggio, a non pensare di essere miei seguaci vivendo non nell’ottica del servizio, dell’«abbassamento», ma in quella del potere e del dominio. In tal caso non sarà possibile trovare Dio, ma satana. Gesù sa bene che questo pericolo è reale.
Allora esorta tutti a seguirlo, a rinnegare se stessi, le proprie ambizioni, a prendere invece la propria croce. É difficile essere discepoli di un Maestro che non prescrive soluzioni immediate per ogni problema, ma che traccia la strada da percorrere, una strada difficile: predica l’amore, ma sollecita a costringere i recalcitranti ad entrare nella sala del banchetto. Inveisce contro scribi e farisei ipocriti e manda assolta l’adultera. Caccia a frustate i mercanti dal tempio, ma non permette che per difenderlo nel momento del suo arresto si metta mano alla spada… É un maestro difficile da capire, ma è Dio in mezzo a noi, il Dio con noi. Come pensava Pascal, su di lui vale la pena scommettere.
E secondo voi?
Cosa vuol dire per me seguire scommettere su Gesù Cristo?
La mia comunità cerca di percorrere la via indicata dal Vangelo?
Lascia una recensione