DOMENICA 15 AGOST0 2021 – ASSUNZIONE AL CIELO DI MARIA – ANNO B
Ap 11,19.12,1-6.10 – 1 Cor 15,20-26 – Lc 1,39-56
Se qualcuno, sfogliando il Vangelo, volesse trovare il racconto di Maria che, dopo la sua morte è ascesa al cielo, resterebbe stupito e forse anche deluso. Non c’è traccia di questo evento che il popolo cristiano crede da sempre. All’assenza di un racconto, al silenzio di una parola, la liturgia di oggi contrappone la bellezza di un incontro di due donne che partoriranno presto il loro primo figlio, che danzano e cantano per le meraviglie che compie il Signore. Quasi a dirci, con tanta delicatezza, che gli eventi più intimi e significativi della vita di ciascuno e dell’umanità intera, come lo è stato per la vita di Maria, hanno bisogno di silenzio e di nutrirsi di stupore. In questa solennità ci viene ricordato lo specifico del cristianesimo, che è la speranza della resurrezione, la certezza che la morte non ha l’ultima parola sulle vicende degli uomini e della creazione intera.
E questo per una ragione molto semplice, ricordataci da Paolo: «Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti» (1 Cor 15,20); è lui «il primo nato tra quelli che sono morti» (Col 1,18), è lui che ci ha aperto la strada e ora ci attende nel Regno. Eppure dobbiamo riconoscere la nostra enorme fatica ad aderire a questa realtà, di cui ogni eucaristia è memoriale. In altre parole, crediamo davvero nella vita eterna che ci attende dopo la nostra morte?” (E. Bianchi). La festa dell’assunzione di Maria si colloca proprio al centro di questa domanda: da subito, infatti, la Chiesa ha capito che grazie a Maria, la Madre di Dio, la Madre del Crocifisso Risorto, la donna dell’ «eccomi» incondizionato a Dio, è stata anticipata la meta che attende ogni essere umano, e cioè la sua vita con Dio per sempre. Ecco il nostro destino, non la morte, non il nulla, ma l’incontro con chi ci ha creati e amati fin dall’inizio. In questa festa la liturgia della Parola ci fa capire quanto sia concreto, visibile e tangibile il nostro sperare nella vita eterna attraverso l’incontro di Maria con Elisabetta, sua parente. Non è un incontro banale, non è casuale; è il sogno di Dio che trova carne nel cammino dell’umanità e si costruisce grazie ai piccoli e agli umili. «Avanza dentro la storia grazie a quelli che non hanno nulla da perdere, perché scelgono di non percorrere le strade oscure delle raccomandazioni, delle spartizioni, dei pregiudizi, dell’indifferenza. Scelgono di non rivendicare diritti che odorano di privilegi» (Rita Giaretta, religiosa delle suore Orsoline).
Costoro sono i poveri delle Beatitudini, sono come il grembo di Maria, pronti ad accogliere la parola di vita e come Maria sono liberi di rivendicare per tutti il diritto alla vita e alla dignità. È incontro che avviene nella normalità di una casa, luogo del quotidiano, della familiarità, dei gesti semplici ed essenziali, che con loro diventa luogo sacro, spazio abitato da Dio che rende possibile l’impossibile. Maria è chiamata benedetta dalla cugina, «e benedire, nei Salmi, è proclamare le grandi opere di Dio, soprattutto nei confronti dei poveri e degli umili. Non per nulla qui si benedice una donna e un bambino, due realtà fragili che nella storia sono state spesso calpestate, violentate e disprezzate. Ed invece, è proprio in questa donna e nel frutto del suo grembo che si cela la salvezza offerta da Dio al mondo» (G. Ravasi). Nella casa, nella vita di ogni giorno due donne danzano la vita e profetizzano. I cristiani sanno ancora vivere l’instancabile passione di incontrare gli uomini e le donne per condividerne il cammino?
E secondo voi?
Maria è per me la donna del devozionismo o dell’impegno di chi serve le persone povere e fragili per donare loro dignità e fiducia nel futuro?
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