Papa Francesco, l’ultima benedizione

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“Sono ancora vivo!” era una delle folgoranti battute con la quale il Papa rispondeva alla domanda “Come sta?” dando prova del senso dell’umorismo e dell’autoironia come virtù anche cristiane.

Nel paradosso della fede, in questo lunedì dell’Angelo che ci ha trovati in poche ore confusi e tramortiti come i discepoli dopo la deposizione del corpo del Cristo, possiamo ancora riconoscere nella vitalità dei gesti e delle parole di Bergoglio una luce che non si spegne, riflesso della Pasqua.

L’umanissimo sconcerto nei credenti diventa fiducia che ogni uomo, tanto più il vescovo e Papa che ci ha indicato la strada dell’umanità di Gesù, può continuare a vivere non solo nel mistero della Comunione dei santi, ma anche attraverso la scia di luce che il suo passaggio terreno ha lasciato.

Come già documentiamo in questo numero speciale con le riflessioni a caldo di alcuni trentini che lo hanno conosciuto da vicino, la vita del Papa “venuto dai confini del mondo” ci guiderà anche nei prossimi anni per la sua energia rivoluzionaria e profetica, anche negli ultimi mesi di fragilità. Ci sarà tempo per coglierne le traiettorie, ma certamente l’opera di Francesco – per tanti aspetti – ha già trovato un compimento.

Dodici anni fa in piazza San Pietro non avevo capito subito il motivo per cui aveva chiesto di essere benedetto dai fedeli, oltre che dare la benedizione. Ora è molto chiaro, invece, dopo che il suo ultimo atto è stato quello di una benedizione – a suggello di un potente e quasi ultimativo appello per la pace “nel mondo a pezzi”- alla città e al mondo (nella foto AgenSir), questo semplice, gioioso e spiritoso successore di Pietro ci chiederà di continuare a benedirlo: vivendo il Vangelo della gioia nell’apertura mondiale di un mondo di fratelli tutti.

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