Le novità della Pasqua 2025 non si contano, a cominciare dallo storico allineamento della data della festa per ebrei e per cristiani, di diverse denominazioni.
Ne suggeriamo una, nella crisi che attanaglia il mondo: provare a considerare i brani della Scrittura che vengono letti, pregati e meditati in questi giorni “santi” anche come testi di pedagogia politica. Gli ingredienti, a ben guardare, ci sono tutti: una terra contesa, una città e un impero, una nazione occupata e una lotta di liberazione, intrighi di palazzi e cambi di alleanze, tanto tanto sangue innocente e attentati, processi, torture.
Sullo sfondo i nazionalismi e la stupida folla, ostaggio dei populisti. A muovere gli attori, impalpabili ma onnipresenti, sempre loro: il potere e il denaro. Gesù, la figura che irrompe sulla scena politica della Pasqua di allora, risulta misteriosa, quasi un alieno, o un idiota, come direbbe Dostoevskij. Lo si capisce dai travisamenti, dalla domanda ricorrente “chi è?” e dal rimbalzare delle risposte: “figlio del carpentiere”, “nazareno”, “profeta”, “rabbì”… Persino riguardo all’accusa che lo trascina da un tribunale all’altro non c’è accordo: “Perché? Che ha fatto di male?”. Si questiona fino alla condanna a morte, sbrigativa per non rovinare la festa.
“Gesù di Nazareth, Re dei Giudei (I.N.R.I.)” fa scrivere infine Ponzio Pilato, accogliendo come flagranza di reato un’autoproclamazione costruita ad arte dai capi dei sacerdoti, affinché il “braccio armato” dei romani eseguisse ciò che essi volevano.
Nell’interrogatorio, quando il governatore chiede all’imputato: “Sei un re, tu?” si sente rispondere: “Sono nato e venuto nel mondo per essere un testimone della Verità, chi appartiene alla Verità ascolta la mia voce” e, all’insistere di Pilato, “il mio Regno non appartiene a questo mondo”. Nelle due risposte consecutive c’è una contraddizione solo apparente; nella predicazione del Nazareno infatti è costantemente presente questo binomio: verità e regalità. Qui sta l’alterità di Gesù: in ciò che il suo e il nostro mondo chiama “politica”, scambiandola per il potere, non c’è interesse per la Verità.
Già in Galilea, il dire di Gesù stupiva perché “insegnava come uno che ha autorità”.
È sintomatico l’uso del termine. L’autorità è potere, sì, ma di una qualità particolare. L’autorità regge e guida, ma senza bisogno di spaventare e di opprimere, di alzare la voce e di minacciare. Serve la gente e non usa il denaro per piegarla e corromperla. Non conosce il divide et impera, anzi, la sua arte è far scoprire ciò che lega e, dunque, connette e tiene insieme: fondamentalmente è amore, un super-amore, perché genere unità senza togliere la libertà. Punta alla pace, senza bombardamenti.
Agisce ragionevolmente, motivando dall’interno le persone. Anche i bambini capiscono questa politica, per la consonanza evidente fra il dire e l’essere di chi si fa modello di buona convivenza.
Il Gesù che meditiamo in questi giorni è esattamente questo: Maestro di amore politico, Lui che è arrivato a dire: “Io sono la Verità”, a chiamare “suoi” coloro che “appartengono alla Verità”, a farli pieni di speranza e di coraggio: “Il Regno di Dio è in mezzo a voi”.
Nella notte del Giovedì Santo, oltre l’arresto e il processo, la regalità di Gesù cresce, cresce: non parla più ed è nient’altro che Verità, Amore puro.
Rimane solo. Quando è l’ora persino i “suoi” – non la Madre, con le donne – lo rinnegano e fuggono.
Poi lassù, inchiodato, va oltre ancora. Tutto si fa buio. Anche la Verità scompare e allora grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
Il venerdì tramonta e l’iscrizione “INRI” sovrasta un corpo senza vita. Ci vuole coraggio a seguirLo.
Penso che in tutti quelli che agiscono con purezza d’amore – ossia che agiscono davvero politicamente, per unire servendo, nei piccoli o grandi contesti in cui si trovano – ci sia una scintilla, forse una fiamma di questo coraggio che tiene insieme regalità e verità.
Ma i tempi sono bui, non ci si vede. Occorre tenersi per mano, sostenersi a vicenda. Fratello, sorella, come ti va? Come riesci – da cittadino, tu pure “re” o “sovrano”, come si conviene in una Repubblica – a testimoniare la verità e l’autorità che l’accompagna? La vedi brillare la verità basica, ossia che siamo tutti fratelli, e la alimenti nel tuo microcosmo, anche nel tempo delle fiction, dei trasformismi, delle convenienze di gruppo e di apparato? Come ci stai alla corte dei “Pilati” che nulla decidono davvero, intenti ad occuparsi del vuoto consenso? Come ci stai alla corte degli “Erodi” che, circondati da giullari, recitano la parodia delle istituzioni?
Raccontami: come ti va? Coraggio… senti come “spinge”, dal basso, la Resurrezione?