Il caso Salvini alla prova del Veneto

La prima pagina del quotidiano il Riformista di martedì 25 marzo

Non è tanto da chiedersi se il governo rischia o meno di cadere sotto i colpi delle intemerate di Salvini perché il rischio è più che remoto, per la semplice ragione che in questo momento né Meloni, né alcuno dei partiti della maggioranza è disponibile ad affrontare la prova delle urne. Neppure l’opposizione è tentata dal battere questa strada.

Cosa sta cercando dunque il cosiddetto “capitano” della Lega? La prima banale risposta è: visibilità. Un po’ perché fa parte del personaggio, un po’ perché ha il congresso e non vuole vincerlo semplicemente per assenza di avversari interni, un po’ perché così sono i tempi (la tua leadership si misura su quanto parlano di te). Tuttavia si sta spingendo molto in là su terreni che non controlla e che non sarebbero necessari per guadagnare audience. Lanciarsi a parlare di politica internazionale è più rischioso che remunerativo.

Sappiamo tutti che quello è un campo in cui per tradizione si possono eccitare i sentimenti populisti, ma poi quelli raramente si tramutano in voti: ricordarsi degli sforzi che fece a suo tempo Renzi, allora presidente del Consiglio, per guadagnarsi un posto nello scenario internazionale (e, va detto, con più stoffa di Salvini), senza che ne traesse giovamento nel momento del bisogno. Dunque va cercata qualche ragione più solida per spiegarsi la frenesia dell’attuale vicepremier nel voler tenere a tutti i costi il centro della scena.

Sembra di intuire che la ragione principale sia la percezione che la Lega è in grave crisi.
Pur mantenendo percentuali di consenso non certo marginali, non riesce a risalire nei sondaggi, dove risulta regolarmente sorpassato, sia pure di non molto, da Forza Italia. Il populismo arrembante con cui ha fatto fortuna, la lotta ai migranti, il condono fiscale per quasi tutti, la sicurezza contro la malavita, l’anti europeismo, non pagano più abbastanza: perché alcuni di questi temi sono largamente condivisi, magari con gli stessi toni esasperati, e perché per altri, come è il caso dei condoni fiscali, non ci sono più margini di manovra. Certamente nell’arsenale del populismo quello pseudo-pacifista rimane disponibile e incontra favore in un paese spaventato di fronte alle nubi di tempesta sul fronte internazionale, ma qui la concorrenza è dura, a cominciare da quella dei Cinque Stelle di Conte, ma anche dal movimentismo della Schlein.

Se si presta attenzione a questo quadro si può ben capire che Salvini abbia problemi più seri che non quello di appagare il suo narcisismo. Essi sono essenzialmente due: fronteggiare l’insoddisfazione interna al suo partito per una politica che si è dimenticata del “Nord”; mantenere comunque una posizione nell’alleanza di destra-centro che non lo emargini. Entrambi gli obiettivi passano per il consolidamento delle posizioni della Lega a livello regionale.

Come è noto, fra non molto si vota in regioni importanti con FdI che vorrebbe guadagnare posizioni in un settore chiave dove conta relativamente meno rispetto al suo potenziale elettorale. In quest’ottica il voto in Veneto diventerà discriminante. Visto che sembra quasi escluso che Zaia possa presentarsi per un terzo mandato, il partito della Meloni si era fatto avanti per reclamare una propria candidatura per la successione. Ove ciò avvenisse, crollerebbe una roccaforte del potere leghista e le insoddisfazioni interne presenterebbero al segretario quel conto che al momento è loro precluso dalla sua forza.

Teniamo presente che il Veneto è l’unica regione in cui la Lega può essere in grado di vincere, grazie al radicamento ancora garantito dalla amministrazione Zaia. Nelle altre regioni al voto, Toscana, Campania, Puglia, Marche, Valle d’Aosta, non è proprio aria (del resto gli arrembaggi di Salvini alle regioni non del Nord son sempre stati un flop). Di qui la necessità di stoppare qualsiasi velleità di FdI di indebolirlo nel suo fortilizio e più in generale di ridimensionare le possibilità di FI che da qualche parte potrebbe ottenere anche buoni risultati.

In un’ottica un po’ più lunga, ma ormai non di tanto, c’è il tema di combattere le prossime elezioni politiche che si annunciano al momento molto giocate su contrasti di leadership, con al centro quella della Meloni, che, se giocherà bene alcune carte, può rafforzarsi grazie al suo lavoro nella attuale crisi internazionale. Salvini non vuole finire come “junior partner” nell’eventuale coalizione governativa che sortisse dalle urne nazionali del 2027 (e non è escluso che arrivino prima).

Tutto questo segnala, a nostro avviso, un leader leghista che non recederà dal creare problemi seri al governo attuale. Purtroppo saranno problemi anche per il nostro paese nella fase delicata che sta attraversando.

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