I ghiacciai che si sciolgono, l’acqua da risparmiare

Le misurazioni sul ghiacciaio del Mandrone – foto Muse

Lo spunto

Il messaggio ha il sapore dell’Sos: «I grandi giganti bianchi, a causa della crisi climatica e delle alte temperature, arretrano di anno in anno e con loro rischiamo di perdere la più grande riserva d’acqua del pianeta». Per la Giornata internazionale dei ghiacciai (22 marzo) Cai, Comitato Glaciologico italiano, Cipra Italia, Legambiente ed European Mountaineering Association hanno lanciato il «Manifesto europeo per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse». Mettendo nero su bianco la situazione attuale del manto in quota, ma anche le azioni da promuovere per provare ad arginare l’impatto del cambiamento climatico.

Marika Giovannini (Corriere del Trentino, 21 marzo 2025)

A Trento anche la SAT si è fatta parte attiva nell’impegno sui ghiacciai, allestendo e presentando nella sede di via Manci una mostra fotografica (vedi pag. 9) sullo stato dei ghiacciai locali, con immagini scattate dal presidente Cristian Ferrari, glaciologo per estrazione e per passione. Aperta fino al 20 giugno, la mostra invita a “raffreddare il futuro” e ad “andare a vedere i ghiacciai prima che spariscano”.

Visitandoli, naturalmente con prudenza, magari a distanza di sicurezza, evitando di percorrerli senza l’accompagnamento di una guida esperta dei luoghi e della loro condizione, perché, come confermano anche le ultime cronache, sono frequenti i crolli, le valanghe e i baratri improvvisi che si aprono sotto i piedi. La curiosità e l’interesse, e nemmeno gli studi però bastano. Né la “crisi dei ghiacciai” riguarda il solo Trentino, ma ha conseguenze su tutte le Alpi e in tutta Europa. Occorre quindi, come propone la mostra Sat “osservare, riflettere ed agire”.

Quanto all’osservare, la crisi viene da lontano ed andrà comunque lontano, posto che non è dato sapere, al di là dei mutamenti climatici dovuti al riscaldamento globale, quando si riaprirà sul pianeta una “piccola età glaciale” paragonabile a quella che si è conclusa a metà Ottocento. Il primo grido d’allarme, peraltro, risale agli anni Settanta del Novecento, quando Aldo Gorfer al convegno Argealp di Milano “Le Alpi e l’Europa” (1973) ammonì sulle minacce immani che inquinamento, sprechi e violenze paesaggistiche portavano a quelle “cattedrali delle acque” che sono appunto i ghiacciai. Non a caso il grido d’allarme veniva dal Trentino che sulla Marmolada aveva potuto osservare il progressivo e accentuato arretramento del ghiacciaio, dovuto non solo all’innalzarsi delle temperature, ma al calore riflesso dallo specchio d’acqua lacustre del bacino artificiale della Fedaia con diga sull’Avisio (1956), sottostante la massa glaciale.
Come hanno mostrato le ricerche il rischio di scomparsa di questi grandi accumuli di acqua, vere riserve idriche, riguarda tutto il pianeta, ma le zone più direttamente minacciate sono proprio quelle alpine e quelle che vedono i ghiacciai tuttora presenti a quote relativamente basse, come è il Mandrone.

Dai ghiacciai dipende la portata di torrenti e fiumi, di conseguenza delle falde idriche da cui attingono gli acquedotti e gli impianti di irrigazione, ed è su questi versanti che occorre intervenire, a lungo e a breve termine, a livello nazionale e locale. Molto tempo è andato perduto, e molto resta da fare. A lungo termine occorre, come più volte è stato ripetuto, limitare le cause del riscaldamento globale e ridurre le emissioni, una strada lunga, ma necessaria mentre l’erosione dei ghiacciai prosegue a ritmo accelerato.

Anche quest’inverno sul Mandrone si è avuta la metà delle nevicate usuali: si tratta di un dato preoccupante, anche se la causa prima nello sciogliersi dei ghiacci non sono le poche precipitazioni, ma l’innalzarsi delle temperature medie di luglio, dei giorni e soprattutto delle notti. Anche la scorsa estate lo zero termico si è posizionato a lungo sopra i 3.500 metri di quota. Fare marcia indietro richiederà un lungo periodo, ma nel frattempo non si potrà rimanere inattivi.

L’emergenza riguarda le regioni meridionali, centrali e padane, che potranno (dovranno) attingere molta meno acqua dai bacini lacustri (Lago di Garda, Idro…). Isole e aree costiere potranno supplire con vasti progetti di desalinizzazione marina. Sarà meglio che a livello di governo centrale si pensi ai desalinizzatori invece che ad inutili ponti di Messina. Ma anche a livello alpino occorre prepararsi al peggio (i desalinizzatori avranno una dislocazione troppo lontana) e occorrerà quindi risparmiare sui consumi, evitando le attuali perdite degli acquedotti. Ma occorrerà anche promuovere e finanziare l’installazione di vasche di riserva e compensazione nelle case, con l’acqua che le riempie poco a poco la notte, da usare poi di giorno per le docce e le pulizie, così come sarà utile predisporre vasche di raccolta dell’acqua piovana dai tetti, per l’irrigazione di orti e giardini. Parimenti in agricoltura dovranno essere predisposte cisterne per l’irrigazione. Si tratta di lavori non molto complessi, ma costosi, che richiedono una programmazione precisa con una manutenzione attenta e continua.

Di fatto lo scioglimento dei ghiacciai impone una revisione operativa, collettiva, non episodica, sull’uso dell’acqua e su come organizzarlo. Sotto questo punto di vista i ghiacciai che si sciolgono trasmettono un messaggio preciso a territori alpini come il Trentino: nei prossimi anni l’acqua diverrà la vera emergenza. Interventi economici ed azione politica dovranno impegnarsi a fondo per affrontarla.

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